Intervista Esciua, presidente del Livorno: “Indiani resta. Identità e continuità per la B

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L’intervista al numero uno del club toscano Esciua dopo la promozione: “Abbiamo posato la prima pietra, ora programmazione e strutture per continuare la scalata”

Viola Bertaccini

L’incubo è finito e lo sa bene il presidente della squadra amaranto, Joel Esciua. Il Livorno è di nuovo tra i professionisti e non ha certo intenzione di fermarsi qui. La promozione in Serie C è solo il primo tassello di un progetto a lungo termine che punta a infrastrutture, giovani e mentalità per restituire a una piazza storica del calcio italiano il ruolo che le spetta. 

La promozione in Serie C dalla D, un dovere verso la storia della squadra amaranto. Quali sensazioni?

“L’obiettivo era chiaro dall’inizio: riportare il Livorno nel calcio professionistico dopo quattro anni duri nei dilettanti. Abbiamo restituito dignità a una città che in due stagioni era passata dalla Serie B all’Eccellenza. Un dovere morale e un impegno collettivo che ci eravamo prefissati. La festa del 6 aprile a Terranuova è stata emozionante, ma è solo l’inizio”. 

Qual è stato il momento chiave della stagione? Quando ha capito davvero che questa squadra avrebbe potuto vincere il campionato? 

“Ci sono stati tre momenti determinanti. La vittoria alla quarta giornata di campionato contro il Grosseto: sotto 0-2 all’intervallo, abbiamo ribaltato la partita con 5 gol in 30 minuti sotto la Curva Nord. Lì abbiamo capito di avere una squadra da Serie C, forse anche di più. Poi a Foligno, alla penultima dell’andata, Dionisi pareggia su punizione a 5’ dalla fine: perdere avrebbe potuto riaprire tutto con il Grosseto a -4. E infine, la vittoria contro il San Donato. Una gara trappola, che 9 volte su 10 o pareggi o perdi, vinta con grande maturità. Lì ho avuto la certezza che ce l’avremmo fatta”. 

Ora che il primo passo è stato compiuto, quali sono i progetti della società per affrontare il campionato di Serie C?

“La Serie C è il minimo sindacale per una società ambiziosa come il Livorno. Ora serve continuità e organizzazione per potere ambire alla Serie B. Non promettiamo salti immediati, vogliamo costruire basi solide. Abbiamo un quadro societario ben formato con persone di fiducia, che deve essere ancora rafforzato. Siamo una società giovane con due anni di esperienza. È un anno di scoperta anche per noi. Puntiamo a fare un buon campionato e imporci tra le protagoniste. Abbiamo un programma strutturato su 3 anni per raggiungere il salto di categoria in B. È importante stabilizzarci a livello societario, investendo su programmazione, strutture e identità”. 

Parlando di mercato, quale è la linea su cui avete intenzione di puntare: giovani talenti da valorizzare oppure cercherete profili più esperti e con conoscenza della categoria? 

“La continuità sarà alla base del nostro progetto. L’anno scorso in Serie D abbiamo tenuto alcuni giocatori che non era scontato rimanessero. Con il passaggio in C, a maggior ragione, vogliamo confermarli, tenendo un filo conduttore con tutto ciò che di buono è stato mostrato quest’anno. La continuità non è scontata nel calcio italiano, ma noi puntiamo sull’identità. Investiremo sui giovani, come fatto con Marinari e Tani. Saranno una componente importante del nostro mercato. Ma in C serve anche esperienza. Prenderemo giocatori affermati, uomini spogliatoio e leader con l’idea di costruire uno spogliatoio solido e coeso.” 

Mister Indiani con la squadra amaranto ha raggiunto la sua 11esima promozione in carriera e ha un contratto in scadenza nel 2026. L’intenzione è di proseguire con lui anche in Serie C? 

“Arrivando dal mondo dell’impresa e della finanza anglosassone potete chiamarmi pure “demodé”. Ha un contratto legato alla promozione firmato a inizio campionato. La soddisfazione per la cavalcata fatta è reciproca. Per noi Paolo Indiani è, a tutti gli effetti, l’allenatore della prossima stagione. I matrimoni però vanno fatti in due, deve essere convinto di compiere assieme il salto di categoria. Ha voluto fortemente la piazza di Livorno perché consapevole di cosa poteva dargli. Se ti affacci a una realtà come quella amaranto, sai di puntare sempre più in alto. È vero, ha vinto 11 campionati, ma non ancora in C o C1. Livorno può essere il luogo dove compiere l’ultimo salto nella sua grande carriera”. 

Vista la rivalità, la promozione del Pisa in Serie A le dà stimoli maggiori? 

“Massimo rispetto per la proprietà del Pisa, che come altre (Fiorentina, Empoli ndr) consente di rappresentare la Toscana ai massimi livelli. Il Pisa oggi ha una posizione e una programmazione importante. A livello di dirigenza abbiamo rispetto e ammirazione per le squadre toscane al vertice. Capisco la rivalità tra tifosi, essendo io uno di loro. L’augurio è di potere giocare il derby il prima possibile e nella categoria più alta. Magari proprio in Serie A”. 

A che punto è il progetto per il primo centro sportivo del Livorno? 

“Abbiamo fatto un primo passo importante, ottenendo una concessione in un’area strategica della città. Puntavamo a realizzare qualcosa nel quale i livornesi, dai genitori ai ragazzi, si potessero identificare. Per 110 anni il Livorno non ha mai avuto un centro sportivo di proprietà. È solo un primo passo, ma fondamentale. Il calore e la risposta della città mi hanno commosso. Per certi aspetti, è stato più emozionante della vittoria del campionato. Abbiamo sentito di aver segnato un grandissimo gol”. 

Mentre sul fronte stadio, è un tema che state affrontando con l’amministrazione? 

“Il “Decreto Abodi” presto diventerà legge e aprirà uno scenario straordinario per il calcio italiano. Quando sono arrivato, mi hanno messo subito in guardia sul problema degli stadi, mi dicevano: “Fallo in Francia, in Inghilterra, ovunque… ma non in Italia”. I comuni non hanno più mezzi per garantire impianti moderni. Serve collaborazione tra pubblico e privato. Il Comune di Livorno ha mostrato una buona predisposizione a lavorare insieme. Lo stadio Armando Picchi fra qualche anno compirà 100 anni. Ci sono dei lavori di manutenzione da dover portare avanti, preservando la sua storia. Dovrà essere un lavoro dove ci guadagnano tutti, a partire dai cittadini e dai tifosi. Bisogna saper cavalcare insieme i momenti storici giusti. Questo sarà il progetto del 2025 e dei prossimi anni: dare alla città di Livorno ciò che merita”. 

Un messaggio ai tifosi in vista della nuova avventura in Serie C? 

“Livorno ha un dna calcistico unico. Chiedo ai tifosi di restare uniti e di accompagnarci in questa avventura. Serve entusiasmo, spirito collettivo e senso d’identità. La città deve essere orgogliosa di ciò che ha ritrovato. Dobbiamo portare entusiasmo allo stadio e dimostrare cosa vuol dire fare il tifo a Livorno. Noi faremo di tutto per darle ciò che merita”.



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