Inter, Zanetti: «Da Lukaku ci aspettavamo altro, come professionista … – Calcio e Finanza
September 1, 2023 | by allcalcio.it
Dopo le parole del direttore sportivo Piero Ausilio anche il vicepresidente, e bandiera nerazzurra, dice la sua sul caso dell’attaccante belga che è ancora alla ricerca di una nuova squadra.
Romelu Lukaku è ancora un calciatore del Chelsea. Ai margini del progetto e senza numero di maglia, ma l’attaccante belga si trova ancora a Londra in cerca di una sistemazione che di certo non sarà Milano, sponda nerazzurra. Dopo due stagioni all’Inter, infatti questa estate si è consumato quello che è a tutti gli effetti un “tradimento”. Trattare con la Juventus dopo aver professato amore incondizionato ai colori nerazzurri è difficile che questa cosa passi in cavalleria dalle parti di viale della Liberazione.
Di certo non lo ha nascosto Javier Zanetti. Intervistato dal La Gazzetta dello Sport per i suoi 50 anni, il vicepresidente dell’Inter è tornato sulla questione Lukaku. E se il direttore sportivo Piero Ausilio aveva superato l’ostacolo con un «non mi interessa dove andrà» prima di assistere al Trofeo Silvio Berlusconi, l’ex numero 4 nerazzurro ha usato parole ben diverse.
«Per ciò che l’Inter ha fatto per lui ci aspettavamo un altro tipo di comportamento – commenta Zanetti -. Come professionista e uomo. Lui ha diritto di andare dove vuole, ci mancherebbe, bastava solo dirlo per tempo. Nessuno, però, è più grande del club e nel costruire una squadra devi sempre considerare chi metti in spogliatoio». Discorso chiuso. Lukaku può andare dove vuole, ma di certo non più all’Inter il messaggio della bandiera argentina.
50 anni di cui gran parte vissuti con i colori nerazzurri addosso, esattamente 28 a partire da quel 1995: «Il primo ricordo non può che essere la mia presentazione nel 1995 assieme a Rambert, che era molto più atteso da me. Venivo da un altro mondo, davanti a me giganti come Mazzola, Corso, Suarez e Facchetti. Lì ho detto: “Da qui mi devono spostare con i carrarmati…”».
«Di questi 50 anni, 28 li ho passati in Italia, nell’Inter, e questo è un privilegio – continua Zanetti -. Sono un padre e un professionista felice, anche per la riconoscenza della gente. Non parlo del tifoso interista, ma anche di quello avversario. Ci sono stati momenti tristi come le lacrime versate per le semifinali del 2003. Ma se riesci a rialzarti da momenti così, poi lo farai mille volte fino alla vittoria. E poi Madrid con la Champions tra le mani. Un’altra foto che mi porto dietro è la partita di addio nel 2014 contro la Lazio, San Siro pieno per me. E, per chiudere, i miei tre figli, la famiglia che mi ha completato».
Un primo secolo di vita che arriva quando Zanetti ricopre ormai da anni la carica di vicepresidente dell’Inter: «Questa è una fase in cui lavoro ancora in squadra e per la squadra, come sempre. Chi pensa “che sta facendo Zanetti?”, sappia che sono dietro le quinte. Cerco di essere utile perché le cose funzionino. Sono una risorsa: il corporate, il mister, la parte sportiva: tutti sanno che ci sono quando serve. Anche per i progetti sociali nel mio ruolo in UEFA e FIFA, sempre pensando alla crescita del club. E provo a migliorarmi: per continuare una carriera bisogna prepararsi, imparare. In un certo senso allenarsi e… faticare. Mi sono iscritto al corso di “Management and Entrepreneurship” della Bocconi: a marzo o a aprile completerò per avere una visione del calcio a 360°. La fatica e il sacrificio non sono un vezzo per farsi bello, ma un bisogno per stare bene. Dove sarò fra qualche anno? Mi vedo sicuramente attivo, sempre pronto a dare tutto per l’Inter. Perché per me l’Inter ci sarà sempre. Anche se non dovessi avere un ruolo o stare fuori dal club, non posso togliermi questi colori».
Sull’Inter di oggi con Lautaro Martinez capitano, un altro argentino dopo di lui: «Lautaro ha fatto i passi giusti, con umiltà: sono felice per il suo cammino. Deve confermare la leadership con ancora più responsabilità, ma ha senso d’appartenenza e sa dare l’esempio. Questo fa un capitano, far parlare i fatti davanti ai compagni. Il mister? La sua caratteristica principale è la tranquillità, la serenità nei momenti difficili. La forza di non dubitare del lavoro, di insistere: questa calma che hanno i forti l’aveva Gigi Simoni».
Zanetti, guardandosi indietro, non ha dubbi su quale giocatore incontrato in carriera sia il più forte: «Messi e Ronaldo il fenomeno sono di un’altra categoria. Dico Zidane: era unico, ti nascondeva la palla, con l’intelligenza, la classe, il fisico. Il più incompreso? Recoba non ha espresso la sua grandezza. Pirlo è stato grande altrove, ma solo perché non era qui nel momento giusto».
Una battuta su chi fosse, invece, il calciatore più simpatico avuto nello spogliatoio: «Maicon, uno spasso incredibile, e Taribo West che una volta sparì. Era in Nigeria a sposarsi e dopo le nozze doveva passare un po’ di tempo a casa».
Non poteva certo mancare un’ultima considerazione sull’Argentina campione del Mondo: «Non ho provato nessuna invidia o rimpianto. Io ho fatto 145 gare in nazionale, un record, e ho dato tutto. Ma eravamo una cosa sola: l’ho capito abbracciando Messi».
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