Dall’autodefinizione di Mkhitaryan alle certezze francesi, fino allo spagnolo che si è specchiato nella finale di Wimbledon: quando il talento da solo non basta (per fortuna)
L’hybris, per gli antichi greci, è la tracotanza dell’uomo che arriva a sfidare gli dei, “l’orgoglio – dice la Treccani – che, derivato dalla propria potenza o fortuna, si manifesta con un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze, e come tale viene punito”. Così, la parola “ingiocabili” che il genietto dell’Inter Mkhitaryan aveva scelto come autodefinizione per la sua squadra è diventata un po’ impietosamente la perfetta etichetta incollata sulla stagione nerazzurra. Non che non fosse vera: in certe circostanze, in certi momenti, l’Inter appariva (e forse era) proprio così. Eppure ha perso. Contro un avversario (il Napoli) che, consapevole di essere sfavorito, forse ha lavorato di più, di sicuro ha preteso di meno. Arrivata in finale di Champions con il Psg, poi, il crollo.
i motivi del crollo dell’inter con il psg
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Le ragioni possono essere molte, una l’ha buttata lì De Zerbi: “L’Inter è una grande squadra e Inzaghi un grande allenatore e non ci stanno cinque gol di scarto. Il problema è che l’Italia del calcio non conosceva il Psg, ed è stata presuntuosa. Non sapevano che il calcio d’inizio lo facevano come la touche nel rugby, o che Dembélé rimane in agguato al limite dell’area…”. Magari non è stato lo studio a difettare, ma è vero che nella sicurezza non c’è conoscenza. Sul campo l’Inter è apparsa impreparata e nell’ambiente si percepiva un diffuso, ingiustificato, ottimismo. Poi trasferitosi tutto sulla Senna.
il ko del psg contro il chelsea al mondiale
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Forte appunto della cinquina rifilata all’Inter e del 4-0 al Real Madrid al Mondiale per club, il Psg è arrivato alla finale con il Chelsea con un senso di schiacciante superiorità. Le Parisien, alla vigilia, non contemplava altri risultati all’infuori del trionfo: “Gli inglesi – scriveva il quotidiano – ormai devono aver capito: la squadra migliore d’Europa è la migliore del mondo. C’è poca suspense per l’esito di questa fase finale, la migliore nella storia del club, una delle più sensazionali nella storia del calcio (…), non vediamo come questo quinto titolo possa sfuggirgli”. E via così. Una volta in campo, ancora sullo 0-0, ecco la perfetta fotografia dell’hybris: Fabian Ruiz libera Doué che solo davanti al portiere può tirare ma con sufficienza dà ad Hakimi. Cucurella gli arpiona il pallone. Come si sa, ha vinto il Chelsea di Maresca, che forse ha imparato qualcosa dal crollo del suo maestro, Pep Guardiola, che dopo aver dominato in Premier e in Europa, partito con il vento a favore di sette gol di Haaland in tre partite, si inceppa con il ko di Rodri, va in rottura prolungata e finisce asfaltato dal meno quotato Slot con il Liverpool. Non c’è verso, (anche) nello sport quasi sempre il talento non basta: alla lunga si impongono lo studio, l’impegno, il lavoro, il sacrificio, la costanza, la forza mentale. E quando si pensa di essere arrivati, di avere un vantaggio, di poter dominare, ecco che si tralascia un dettaglio, ci si accontenta, l’ossessione si attenua. E si viene puniti dagli dei.
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sinner e la vittoria in rimonta a wimbledon
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Quanti sono quelli che ripetono che Alcaraz ha un talento più puro, una naturale varietà di colpi maggiore rispetto a Sinner? A Wimbledon è arrivato nella migliore condizione psicologica possibile, dopo la vittoria in rimonta al Roland Garros. La finale di Londra inizia sulla stessa onda: Jannik va in vantaggio, poi Carlos recupera e vince il primo set. Per (quasi) tutti è finita. Invece è qui che lo spagnolo si è seduto, o specchiato, ed è qui che emerge la superiorità mentale di Sinner: nel secondo set strappa subito il servizio. Non aveva mollato, no. Com’è finita, lo sappiamo. (A ben vedere, è un pensiero consolante per tutti noi che dobbiamo barcamenarci con un talento limitato e ammiriamo quelli a cui viene tutto facile: nessuno può impedirci di lavorare di più).
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