Giacomo Beretta, Pro Patria: “Da ibrahimovic ai 4 gol al Lumezzane”

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L’attaccante della Pro Patria giocò nel Milan di Allegri: “Venerdì ho segnato più reti che in tutta la stagione. I consigli di Max e gli scherzi di Pirlo e Gattuso”

Oscar Maresca

Lo scorso weekend Giacomo Beretta ha segnato in tutti i modi: con il destro al volo in area, di testa, su rigore e pure in contropiede. Quattro gol in venticinque minuti per l’attaccante della Pro Patria, Lumezzane battuto e certezza aritmetica di partecipare ai playout: “Ho segnato più reti in quella partita che in tutta la stagione – scherza il classe ’92 -. A fine gara i compagni hanno autografato uno dei palloni. Ora è esposto in bella mostra nel salotto di casa”. Fino a venerdì, l’ex Foggia era fermo a quota tre centri in questo girone A di Serie C. I biancoblù hanno vissuto un’annata complicata, ma non vogliono arrendersi: “Proviamo a conquistare una posizione migliore in classifica nell’ultima sfida con la Pergolettese. Poi penseremo soltanto alla salvezza”. 

Tanto dipenderà dai suoi gol. 

“E io sono pronto. Contro il Lumezzane avrei voluto realizzare pure la quinta rete. Un attaccante vive di quei momenti. Quando fai gol e vinci, sei felicissimo. Non c’è niente di più bello”. 

Chi è stata la prima persona che ha abbracciato dopo la partita? 

“Mio padre Carlo e mio fratello Giovanni. Loro mi seguono da sempre. Insieme siamo andati a mangiare una pizza. Per le quattro reti però ho una dedica speciale”. 

“Alla mia compagna Anna e ai piccoli di casa: Carlo e Camilla. Non erano allo stadio, hanno fatto il tifo per me dalla tv”. 

Dal 2008 a oggi ha giocato quasi 400 partite. Si ricorda l’ultima volta che ha segnato quattro gol?

“Certo, ero nella Primavera del Milan e sfidavamo il Vicenza. Finì 5-0, in panchina c’era Stroppa. Mi sostituì al 60’ ed entrò Ganz”. 

In quel gruppo di giovani rossoneri c’erano anche Verdi e De Sciglio. 

“Avevamo una bella squadra, vincemmo la Coppa Italia Primavera nell’estate 2010. Spesso mi allenavo con i grandi. Era il Milan di Allegri, quello dello scudetto. Il mister mi convocò per le tournée a Dubai e negli Stati Uniti. A 18 anni mi sono ritrovato a lavorare con Pato, Ibrahimovic, Robinho, Pirlo, Seedorf”. 

“Ronaldinho. Quando aveva voglia di allenarsi era imprendibile. Faceva cose che noi ragazzi faticavamo addirittura a pensare. Una volta, durante una partitella, superò tre avversarsi con un tunnel e piazzò il pallone all’incrocio. Avevamo iniziato a giocare da 10 minuti, Allegri ci mandò tutti negli spogliatoi. Disse: ‘Per oggi abbiamo già visto abbastanza’”. 

“Non lo direste mai, Pirlo. Con Gattuso organizzava scherzi in continuazione. Una volta tagliarono con le forbici una maglietta costosissima a un compagno. Ma non dirò chi è”. 

Speriamo, per loro, non fosse Ibra. 

“Avrebbero passato un brutto quarto d’ora (ride, ndr). Zlatan è sempre stato un perfezionista. Anche in allenamento voleva che andassimo tutti a mille, rallentare non era un’opzione”. 

Se le dico, invece, 1° maggio 2011… 

“Una data indimenticabile, ho ancora i brividi. Il debutto in Serie A contro il Bologna, Allegri mi manda in campo al posto di Cassano. Qualche settimana prima ero già pronto a entrare, ma puntualmente segnavamo e il mister fermava il cambio. Quella volta a San Siro è andata bene”.

Cosa ha imparato dall’esperienza con Allegri?

“Preparava ogni gara nei minimi dettagli. Aveva pochi concetti che voleva assimilassimo: pallone sempre avanti, controllo orientato e soprattutto chiudere la partita nella prima mezzora. Ci ripeteva sempre di andare forte, segnare subito e poi gestire il gioco”. 

Alla fine di quella stagione si trasferisce ad Ascoli. È la sua prima esperienza tra i professionisti. 

“Mi sentivo pronto. Rispetto a oggi però era un altro calcio. C’erano tre sostituzioni, il mister faceva un cambio a partita e noi giovani avevamo poco spazio. È stata dura, poi sono arrivati anche gli infortuni e i problemi alle caviglie”. 

Eppure, lei era anche nel giro delle nazionali giovanili. 

“In azzurro ho completato tutta la trafila dall’U16 all’U20. Con l’Under 17 ho giocato da titolare l’Europeo nel 2009. In squadra c’erano Perin, Crisetig, El Shaarawy. La Germania ci eliminò in semifinale. Al Mondiale invece arrivammo fino ai quarti”. 

Nel 2012, con la maglia del Pavia in C ha ritrovato spazio e gol. 

“Ho segnato 10 reti in 29 partite, è stata la mia miglior stagione a livello realizzativo. L’anno successivo con il Lecce sfiorammo la promozione in B. C’era Miccoli, un altro campione. In allenamento ogni suo tiro finiva in porta”. 

Dalla Pro Vercelli al Cittadella, passando per Carpi e Foggia. Tra B e C ha girato l’Italia. Se potesse tornare indietro cambierebbe qualcosa della sua carriera? 

“Probabilmente non farei alcune scelte che in quel momento pensavo fossero giuste. Facile dirlo adesso. Magari qualche infortunio l’avrei evitato, anche quelli però mi hanno aiutato a crescere. Prima come persona e poi come calciatore”.



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