Nicola Pietrangeli, famoso tennista italiano, rivela ai microfoni del sito ilgiornaledellosport.net la sua grande passione oltre al tennis, il calcio, attività sportiva che poteva diventare una vera e propria professione. Questo con la maglia della Lazio. Pietrangeli ha raggiunto la vetta del tennis mondiale quando ha vinto nel 1959 e nel 1960 il Roland Garros.
La firma sul contratto per la Lazio
Nicola Pietrangeli ha raccontato uno storico aneddoto legato al suo passato da calciatore nella Lazio:
“Da giovane feci un provino con la Lazio, firmai un cartellino a vita che penso che ormai non esista più. Ho anche chiesto a Lotito se per caso lo ritrovasse. Fino ai 18 anni ero più bravo a calcio che non nel tennis. La Lazio mi voleva dare in prestito alla Viterbese, ma io volevo viaggiare e quindi mi diedi al tennis”.
I tempi di Pietrangeli nella Lazio di Maestrelli
In una intervista rilasciata a Radiosei Pietrangeli raccontò incontri importanti con icone del mondo laziale come Maestrelli e Re Cecconi raccontando inoltre, un calcio romantico che oggi purtroppo è lontano dai nostri tempi. Il suo racconto:
“Dopo aver lasciato Tunisi a circa 10 anni, iniziai a giocare a pallone nelle giovanili della Lazio e l’allenatore era Speroni. Ho avuto la fortuna di giocare con Sentimenti IV e con tanti altri giocatori che poi si sono affermati. Un giorno incontrai Maestrelli perché abitavo vicino a Tor di Quinto e che conoscevo, a cui chiesi di visitare il contro sportivo. Mi invitò, mi presentò allo spogliatoio e mi misi a giocare in allenamento con loro. I giocatori mi davano del lei e mi chiamavano “Signor Pietrangeli”. Dopo 10 giorni ci mandavamo a quel paese al punto che Re Cecconi si lamentò con me perché non gli avevo passato una palla. Gli ricordai che lui era in Nazionale e io ero solo un dilettante e si mise a ridere dandomi ragione. Pensate quanto fossero competitivi anche in allenamento. Da loro ho imparato questo atteggiamento. Mi sono allenato con la Lazio per tre mesi e le regole tecniche e le botte valevano anche per me. Come se fossi stato un giocatore vero”.
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