DIRITTI UMANI E CALCIO: I MONDIALI FIFA DI IERI, DI OGGI E DI … – GLI STATI GENERALI
August 30, 2023 | by allcalcio.it
In occasione dei Mondiali di calcio femminile 2023 la FIFA e l’UNHCR hanno sottoscritto un accordo per rafforzare la propria collaborazione a tutela dei rifugiati. L’iniziativa arriva però insieme ai nuovi attacchi rivolti alla FIFA da Amnesty International e altre ONG, che accusano la federazione di non aver ancora risarcito i lavoratori vittime di abusi durante i Mondiali giocati in Qatar nel 2022
Il 13 luglio scorso, a otto giorni dall’inizio della nona edizione dei Mondiali di calcio femminile – che si giocheranno fino al 20 agosto tra Australia e Nuova Zelanda – il Presidente della FIFA Gianni Infantino ha firmato insieme a Filippo Grandi, Alto Commissario ONU per i rifugiati, un memorandum d’intesa per intensificare il proprio sforzo nell’assistenza dei rifugiati e dei migranti in difficoltà. L’accordo, che si inserisce in una collaborazione che unisce FIFA e UNHCR dal 2019, prevede che le due organizzazioni si impegnino a lavorare a stretto contatto con le persone costrette a fuggire dal Paese d’origine. Questo, facilitandone l’accesso al mondo del calcio, all’istruzione e ad altre opportunità. In particolare, la FIFA e l’Agenzia ONU daranno il via a diversi progetti nel mondo del calcio e della formazione, per favorire la coesione sociale e garantire opportunità ai giovani in condizioni difficili. “Crediamo moltissimo in questa collaborazione – ha dichiarato Infantino durante la cerimonia di firma – Diciamo che il calcio ha il potere di unire il mondo, e il lavoro che FIFA e UNHCR faranno insieme grazie a quest’accordo è un chiaro impegno a tal fine”. Come si legge nel comunicato stampa rilasciato dall’Agenzia ONU, i primi risultati di tale accordo arriveranno già con i Mondiali in corso: durante il torneo, FIFA e UNHCR sensibilizzeranno la comunità del calcio chiedendo di mostrarsi uniti per la pace (“Unite for Peace”) e, durante le partite degli ottavi di finale, alle capitane delle nazionali verrà chiesto di indossare fasce che promuovono quanto contenuto nell’accordo. Questo, per creare una maggiore sensibilità in materia di diritti umani nell’audience globale che, secondo le organizzazioni, raggiungerà un totale di 2 miliardi di persone.
L’iniziativa, accolta con ottimismo dalle istituzioni, si inserisce tuttavia in un quadro complesso.
Pochi giorni prima della firma del memorandum tra la FIFA e l’Agenzia ONU, infatti, in un comunicato stampa Amnesty International aveva dichiarato che, a sette mesi dalla fine del torneo, migliaia di lavoratori migranti impiegati nel settore della sicurezza durante i Mondiali di calcio Qatar 2022 non avevano ancora ottenuto giustizia per le violazioni di diritti umani subite nel corso dell’evento, già riportate dall’organizzazione più di un anno fa. L’accusa si inserisce nella campagna lanciata nell’aprile 2022 da Amnesty International e altre ONG (tra cui Human Rights Watch, Avaaz e Equidem) per chiedere giustizia per i lavoratori impiegati nell’organizzazione dei Mondiali scorsi che, secondo le organizzazioni, durante il torneo sarebbero stati vittime di gravi violazioni dei diritti umani. Come si legge nel report di 70 pagine “They think that we’re machines” curato da Amnesty, infatti, sarebbero migliaia i lavoratori che, ingaggiati da società di sicurezza qatariote per la gestione dei Mondiali 2022, sarebbero stati sottoposti a sfruttamento, abusi e maltrattamenti. In queste condizioni, denuncia l’ONG, sarebbero morti migliaia lavoratori (secondo The Guardian, almeno 6.500) provenienti soprattutto da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Quanto ai sopravvissuti, essi sarebbero stati costretti a lavorare in condizioni di semi schiavitù, con turni massacranti (si parla di 12 ore al giorno per 38 giorni consecutivi, senza nemmeno un giorno di riposo) e sanzioni pecuniarie arbitrarie o sproporzionate, nonché mancato riconoscimento degli straordinari e discriminazioni basati su lingua, razza e nazionalità. Tutto questo, denuncia Amnesty, senza ottenere alcun risarcimento, né dalla FIFA né dal Qatar – al centro delle polemiche sin dall’assegnazione del torneo per le sue politiche in aperto contrasto con i diritti umani.
Stando ad Amnesty International, infatti, a poco o nulla sarebbe servita l’istituzione da parte della FIFA dello Human Rights Grievance Mechanism, piattaforma creata appositamente per presentare reclami di violazioni e abusi alle autorità qatariote, e del World Cup Qatar 2022™ Legacy Fund: come denunciato anche dal Business & Human Rights Research Centre, si tratterebbe di meccanismi sostanzialmente inaccessibili e il Legacy Fund sarebbe, di fatto, ancora vuoto.
Così, sarebbero rimasti senza giustizia migliaia di lavoratori e famiglie, e a poco sarebbero servite le dichiarazioni rilasciate a marzo dalla FIFA che, a seguito della lettera presentata da Amnesty e Avaaz per chiedere spiegazioni, si era impegnata a “valutare l’adeguatezza dei meccanismi di rimedio per i lavoratori migranti che hanno subito violazioni dei diritti umani”: ad oggi, i 440 milioni di dollari di risarcimento richiesti dalle ONG a tutela delle vittime non sono ancora arrivati e, afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, potrebbero non arrivare mai. “Del resto, questa situazione è inevitabile, dal momento che si è deciso di affidare la gestione del più grande evento calcistico al mondo ad uno Stato che non rispetta i diritti umani”.
Proprio per questa ragione, ricorda Noury nei giorni dei Mondiali femminili, “è necessario che la società civile mantenga alta l’attenzione su questi temi, in modo che vicende del genere non si ripetano più: finché la FIFA continuerà a consegnare la gestione dei Mondiali interamente allo Stato al quale viene assegnato il torneo, bisognerà continuare a far sentire la propria voce affinché i diritti umani siano rispettati da tutti, e ciascuno dovrà fare la sua parte”. Ed è in questa necessità di una coscienza collettiva a proposito di diritti e libertà che il portavoce di Amnesty individua un’unica, se possibile, nota positiva della vicenda: “Se consideriamo l’impatto che queste violazioni hanno avuto sull’opinione pubblica, poi, va detto che qualcosa di buono c’è: nel corso di questi mesi in cui ci siamo occupati della questione, abbiamo riscontrato una crescente consapevolezza sui diritti umani da parte delle tifoserie, che si dimostrano sempre più attente alla tutela delle libertà fondamentali e al rispetto della dignità umana”. Stando ad un recente sondaggio realizzato per Amnesty da YouGov, infatti, per la maggioranza dei quasi 18.000 tifosi intervistati in 15 paesi i diritti umani dovrebbero costituire una priorità nell’organizzazione dei Mondiali 2030, e la loro tutela (53%) dovrebbe essere considerata al pari della messa in sicurezza di lavoratori, pubblico e atleti (57%). E questi numeri, spiega Riccardo Noury, vogliono dire molto: “se cresce l’attenzione ai diritti e alle libertà fondamentali tra il pubblico è inevitabile che, prima o poi, anche gli Stati e le istituzioni dovranno tenerne conto”. Infatti se per i prossimi Mondiali, che si giocheranno nel 2026 tra Stati Uniti, Canada e Messico, non dovrebbero presentarsi problemi riguardo alla tutela dei diritti umani da parte dei paesi ospite, la questione potrebbe riproporsi per i Mondiali successivi, dal momento che l’Arabia Saudita, insieme ad Egitto e Grecia, sta presentando la propria candidatura per l’edizione del 2030/2034. Ed è proprio in vista di questa possibilità che, insiste Noury, è necessario mantenere alta l’attenzione a proposito delle violazioni dei diritti umani che si verificano nel mondo del calcio: un Mondiale Qatar 2022 bis sarebbe imperdonabile.
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