Da Yildiz a Neres, sarà un campionato che riscopre il dribbling

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Gli specialisti non mancano: tutte le squadre si stanno attrezzando cercando giocatori che sanno saltare l’uomo

“P untalo!”. Gridavano così gli allenatori di una volta, quando vedevano il loro centravanti, la loro ala, il loro 10, con il pallone tra i piedi, la porta davanti e un avversario in mezzo da saltare per far gol. Puntalo! Cioè cerca di dribblarlo. Ora no, basta. In Italia — e purtroppo dai bambini in su fino alla Serie A —, il dribbling è stato abolito o quasi. Come se il calcio fosse diventato rugby: si avanza sul campo passandosela e basta, di continuo, senza il gusto della giocata tecnica, senza saltare l’uomo. Dove i big di Champions e Mondiale per Club schierano ali che si inventano di tutto per puntare la porta (e segnano tanto), noi presentiamo eserciti di “quinti” da tanta, tantissima corsa, che arrivano sul fondo e poi tornano indietro, o al peggio piantano il cross sul corpo del’avversario in opposizione. Basterebbero le parole, per capire: l’ala fa volare, il “quinto” sa di retroguardia. 

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