Una storia imprenditoriale d’altri tempi: partito dai campi, è diventato in pochi anni leader della ristorazione aziendale. Da sempre impegnato nel sociale, ha coronato il sogno di guidare i nerazzurri dal 1984 al 1995
È morto Ernesto Pellegrini. Aveva 84 anni. Se n’è andato il giorno della finale della sua amata Inter. Era nato in una cascina, intorno a Linate, figlio di ortolani. Era diventato un grande imprenditore. Era tifoso dell’Inter, è diventato presidente dell’Inter. Quella dei record, scudetto 1988-89, cavalcata imperiosa, 58 punti, quando una vittoria ne valeva due. Si era fatto da solo e aveva vinto, spesso, da solo. Era un uomo buono e generoso, tenace e onesto, religioso, impegnato nel sociale. Il sito dell’Inter lo ricorda così: “Per undici anni ha guidato l’Inter con saggezza, onore e determinazione, lasciando un’impronta indelebile nella storia del nostro Club”. I funerali mercoledì 4 giugno, nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, alle ore 11.
Rosmarino e salvia
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Ernesto Pellegrini nasce a Morsenchio, campi e cascine. Cresce nell’oratorio, va nella colonia estiva e fa i bagni nelle cave “con l’acqua buona”. Racconterà: “Mio padre faceva il contadino, coltivava gli orti. Da ragazzo lo aiutavo e studiavo ragioneria. Quel che ricordo più volentieri erano le nostre trasferte brevi con il carretto trainato da un cavallino. Si andava al mercato di frutta e verdura in corso XXII marzo. Io mettevo assieme, legandoli stretti, i mazzetti di rosmarino e salvia che poi vendevamo al Verziere. Ero abbastanza bravo nelle trattative. Diciamo che tiravo sul prezzo. Allora si viveva con poco, ma avevamo tanti sogni”.
Il contabile
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Lo chiamano l’Ernest. È un ragazzo serio e bravo, gli piacciono i cavalli e i prati, ma trova lavoro alla “Edoardo Bianchi”. Ragioniere contabile, il posto non gli garba molto. Dirà: “Non ero contento, il mestiere non mi appagava, così ho cercato di convincere il direttore ad assegnarmi la gestione della mensa. Mi ha guardato storto e mi ha liquidato con una smorfia: ‘Lassem perd. Lei faccia il contabile’. E invece sono tornato alla carica, con insistenza. Una, due, tre volte. L’ho preso per sfinimento, mi ha dato 150 mila lire per le spese di partenza. ‘Tanto poi torni a fare il contabile'”. Non torna. Nel 1985 il rag. Pellegrini Ernesto è presidente della Pellegrini Nord, della Pellegrini International, della Pellegrini Centro Sud e della Central Food. Pasti caldi, mense, migliaia di dipendenti. Poi si allarga, conquista il mondo della ristorazione collettiva e commerciale.
Il lustrascarpe di Skoglund
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Conquista anche l’albergo e la mensa di Villar Perosa, il centro dove la Juve di Agnelli si allena e va in ritiro. La Juve mangia e dorme lì, pochi si lamentano dei menù. Ma Ernesto è anche un bauscia (parole sue), tifoso matto della Beneamata. Scrive al presidente Ivanoe Fraizzoli: “Sono un giovane imprenditore che gestisce Villar Perosa, ma il mio cuore è nerazzurro vorrei fare qualcosa con voi”. Fraizzoli lo riceve e Pellegrini racconta il suo amore per le stelle nerazzurre: “Impazzivo per Nacka Skoglund. Per vederlo da vicino, lo seguivo, quasi pedinavo. Andava in piazza Mercanti a farsi lucidare le scarpe. Un’ emozione fortissima”. Ivanoe lo squadra bene, lo esamina. “L’è milanes, mi sembra serio e ha voglia di lavorare”. Gli offre un posto in consiglio e una comoda poltrona in tribuna d’onore. Quel milanes gli piace molto. “L’è bun”. Tribuna d’onore? “Un bel salto, nel 1954 ero sui gradoni dei popolari”, ricorderà Ernesto.
Toccare il cielo
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Poi Fraizzoli gli offre l’Inter. “Ernesto sono stanco, non ce la faccio più”. Qualcuno scrive: “No, era esausto, l’Inter logora, ti massacra. Soprattutto se vinci poco”. Ernesto dice: “La prendo io”. Pronti 9 miliardi di lire, fatto. L’Inter che è stata Nyers e Skoglud, che è stata la Grande Inter di Angelo Moratti, adesso è sua. Tutta sua. Dirà: “Come toccare il cielo. Con Ivanoe ci siamo accordati con una stretta di mano. Basta questo, mi disse. Sapevamo entrambi che la parola data è un valore”. Il nuovo presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini ha 44 anni, è ambizioso. Scrivono che è il John Kennedy del calcio italiano: giovane, amabile, deciso, efficiente, ambizioso, disponibile. Poi: è anche il “re delle mense”. Da Torino, racconta una leggenda metropolitana, arriva la rasoiata perfida di Gianni Agnelli. L’Avvocato chiama all’alba Boniperti e gli dice: “Hai sentito, Giampiero? Il nostro cuoco è diventato presidente dell’Inter”. Non molto più tardi la risposta sarcastica di Peppino Prisco, il suo vice: “Sì, cuoco, ma con tre stelle Michelin”.
I record di Trapattoni
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Le stelle (del calcio) arrivano: Rummenigge, Matthaus, Brehme, Klinsmann. I famosi panzer. Pellegrini fa una dichiarazione: “Voglio vincere lo scudetto”. E dice a tutti: laurà, laurà, laurà. Lavora per lo scudetto e altre cose. Il tricolore arriva con Giovanni Trapattoni. È la superba Inter del Giuan, l’Inter dei record che regala al ragionier Ernesto il giorno più bello della sua vita. Lo ricorderà così: “A San Siro contro il Napoli. C’era uno stadio felice, perché quella squadra aveva dato spettacolo per tutta la stagione”. Felice lui, felice la famiglia. Felice soprattutto la moglie, signora Ivana. La chiamano Lady Calligrafia, per la sua grande passione per la grafologia. Molti giocatori, prima di essere ingaggiati, venivano invitati a cena dai Pellegrini e, a fine pasto, costretti a scrivere un commento su un foglio di carta: se la scrittura funzionava, allora il contratto era pronto, altrimenti ciaone. “Ernesto, non fa per noi”.
Qualche errore
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Ha fatto molti acquisti, cambiato allenatori, dirigenti speso molti miliardi di lire. Le cifre sono discordanti: 150/200. Tanti dané, passando anche attraverso il flop Bergkamp. “Il calcio è un’azienda, e spesso i conti non tornano. Ho fatto qualche errore, forse abbiamo sbagliato a cedere Matthaus. Se fosse rimasto avremmo vinto almeno un altro scudetto”. Lascia a Massimo Moratti, nel 1995, dopo 11 stagioni, affare da 55 miliardi. Dopo la firma Ernesto, durante l’incontro con squadra alla Pinetina, scoppia in lacrime. Un pianto forte, interrompe il discorso e scappa a casa. Tutti i giocatori applaudono.
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