Chi è Tori Penso, chi è l’arbitra di Juve-Al Ain al Mondiale per club

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Il fischietto statunitense, insieme alle connazionali Brooke Mayo e Kathryn Nesbitt, farà il suo esordio al Mondiale per Club all’Audi Field di Washington

Guendalina Galdi

Giornalista

“Magari non sarò un gigante, ma sono potente”. A Tori Penso non manca la personalità e ci tiene a ribadirlo via social con queste frasi motivazionali a corredo di foto che la vedono davanti a calciatori professionisti che ora redarguisce, ora ammonisce, ora mette in riga in barriera assicurandosi che rispettino la distanza. Statunitense, 38 anni. È un’arbitra, sarà a capo della terna tutta femminile che dirigerà il debutto della Juve contro l’Al Ain al Mondiale per club insieme alle connazionali Brooke Mayo e Kathryn Nesbitt, ma ha rischiato di non diventarlo. In un momento preciso della sua vita e (allora) giovane carriera Tori – all’anagrafe Mary Victoria – si è ritrovata a correre più veloce che poteva da uno stadio perché alcuni omoni la inseguivano dopo una partita tra sedicenni in cui aveva fatto il suo lavoro ma a qualcuno non stava bene. Anni fa, storia e acqua passata ma tutto parte del curriculum e delle esperienze, che poi sono diventate di ben altro spessore e soprattutto arricchite di ben altre soddisfazioni. Quella volta è scappata “solo” da una possibile aggressione – si è chiusa in macchina e ha lasciato quell’impianto il più velocemente possibile – non dal sogno di vivere il calcio da protagonista con fischietto e cartellini. “Non mollare solo per quei delinquenti” le disse un superiore. Poche parole, efficacissime. 

dal marketing al mondiale

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I primi calci al pallone li ha dati quando aveva 10 anni – prima la madre glielo vietava perché non voleva che sua figlia andasse in giro con lividi e ferite sulle gambe – ma Tori vedeva i suoi fratelli giocare e dentro di sé pensava: “Perché io no?”. Poi però le è piaciuto di più quel ruolo solitario e a 14 anni ha diretto la sua prima gara. I primi soldi sono arrivati così, con i risparmi è riuscita a comprarsi la prima macchina ma da lì a far diventare l’arbitraggio un lavoro – soprattutto a quei tempi – ce ne passava. Allora quello in campo è diventato un lavoretto, il primo impegno era lo studio e la laurea in marketing una priorità. Peccato però che, qualche anno più tardi, il suo mondo si sia ribaltato di nuovo quando ha lasciato l’agenzia pubblicitaria in cui aveva iniziato a lavorare per dedicarsi completamente al calcio. Vita e carriera la portano a conoscere Chris, arbitro anche lui e futuro marito dal quale ha preso il cognome (lei che nasce Hancock), dal quale Tori ha avuto tre figlie. Una nel 2019, mentre in Francia si giocava il Mondiale femminile e lei pensava: “Il prossimo, tra 4 anni, lo voglio vivere da protagonista”.

Si dice di fare attenzione a ciò che si desidera perché potrebbe avversari ma in questo caso non poteva esserci epilogo migliore. Ma andando con ordine: nel 2020 Penso diventa la prima donna ad arbitrare una partita di Mls in oltre 20 anni, poi nel 2021 guida per la prima volta una terna totalmente femminile in una competizione maschile gestita dalla Concacaf, nel giugno dello stesso anno è la prima donna a dirigere una gara di qualificazione al Mondiale (sempre maschile), nel 2022 eccola in cinque partite del Mondiale Under20 femminile e nel 2023 la Coppa del Mondo femminile. Chi era l’arbitro della finale tra Spagna e Inghilterra? Proprio lei, anche se molte storie, tra cui la sua, sono passate in secondo piano dopo il bacio e il caso Rubiales-Hermoso. Nel 2024 Olimpiadi, Copa America e un’altra prima volta con l’ingresso in Arabia per arbitrare la Riyadh Season Cup, nello specifico la gara tra Al Nassr e Al Hilal.

quel ronaldo furioso…

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Ha fatto la storia insomma e ha fatto discutere qualche atteggiamento piuttosto plateale di Cristiano Ronaldo. Sui social più di qualcuno si è scandalizzato per i vaffa del portoghese in sua direzione, qualcun altro ha storto il naso per il faccia a faccia con Brozovic. L’unica a non aver proferito parola su questi episodi probabilmente è stata proprio Penso, solo l’incontro ravvicinato col croato l’ha archiviato con una delle sue frasi: “A volte devi essere un leone”. Tutto parte del mestiere, questioni di lavoro, mai di genere. È il suo ruolo e le sue decisioni non è detto che vengano sempre accolte bene. Esiste forse un fischietto che si illude di poter mettere ogni volta tutti d’accordo? 



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