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Oggi Fabio Simplicio compie 44 anni. Oltre a fare l’agente di calciatori – è lui ad avere portato il portiere Fuzato alla Roma – ha una svariata serie di attività. Tra le quali, c’è anche ciò che ha raccontato a La Gazzetta dello Sport l’ex giallorosso Doni, suo socio in affari: «Ho un parco di divertimenti per bambini insieme a Fabio Simplicio, sempre in Brasile. Nacque ai tempi della Roma, quando ancora giocavo. Vidi i dinosauri da “Zoomarine” e decisi che li avrei portati per la prima volta nel Paese, costruendo un parco a tema. Oggi piace a tutte le famiglie…».
In Italia, il, centrocampista c’è stati otto anni, proveniente dal San Paolo. Grandi le sue capacità d’inserimento, come hanno dimostrato le prime due stagioni a Parma, dal 2004 al 2006, l’ultima della quale toccò le 10 reti in campionato, il massimo della sua carriera. Un’ottima presa sul calcio italiano, nonostante avesse raccontato l’approccio non esattamente entusiasmante con la nuova realtà: «L’Italia era un Paese completamente diverso dal Brasile. Sono arrivato ad agosto e c’era tanto caldo, a Parma non c’era quasi nessuno per le strade: alle 10 di sera era tutto chiuso. Quando sono arrivato mi sono sentito un po’ perso». Il trasferimento altrove matura su espresso desiderio di Maurizio Zamparini, che vuole a tutti costi il brasiliano per il suo Palermo. Che in quel preciso periodo storico è un club con discrete ambizioni di crescita e che vede nel giocatore buone possibilità per una sua esplosione definitiva. Tanto che è in rosanero che matura la sua unica convocazione nella nazionale verde-oro, nell’inverno del 2009.
Ad un certo punto, però, la storia si interrompe. E succede per una responsabilità che ha un nome e cognome preciso: Walter Sabatini. Il direttore sportivo ha il carattere che ha, è noto a chiunque bazzichi l’universo che ruota attorno al pallone. E l’aria attorno al giocatore si fa sempre più pesante.
Anche il rapporto con Zamparini si deteriora, tanto che quando Simplicio annuncia ai media che se ne andrà dalla Sicilia, il vulcanico patron non usa mezzi termini. Anche perché discretamente arrabbiato dall’evoluzione di una situazione della quale gli sono sfuggiti gli ultimi passaggi: «Non sapevo della conferenza stampa di oggi di Simplicio. Mi dite che si è commosso annunciando il suo addio al Palermo? A me non interessano le sue lacrime di coccodrillo. Simplicio è il giocatore che più mi ha deluso da quando sono nel mondo del calcio, quindi rimando al mittente i suoi ringraziamenti».
La nuova squadra nella quale si accasa è la Roma. Proprio come a Parma, vi resta solo due anni e tanta brevità nel rapporto ha lo stesso nome e cognome di prima. Così vanno le cose, sembra quasi una forma di persecuzione, o se volete una versione della marcatura a uomo che quasi non si pratica più in campo e si finisce per ritrovarsela altrove. La versione dei fatti Fabio la esplicita nuovamente all’addio, anche perché il suo agente, Gilmar Rinaldi, parla spesso e volentieri, prefigurando scenari e ipotesi quasi fosse una serie tv. A Sky Sport 24, quando ormai è prossima la partenza per il Giappone, il giallorosso tiene a puntualizzare un po’ di cose: «Qua si vive bene, non ho mai avuto problemi. Roma è una città fantastica, l’ho detto sempre in ogni intervista. La mia famiglia si è adattata molto bene qua. Volevo completare i miei tre anni di contratto e poi vedere dove andare, volevo restare». Il problema principale è sempre e solo uno, detto a chiare lettere a Mediagol: «Sono andato via da Palermo perché non rientravo nel progetto, poi ho ritrovato Sabatini alla Roma e quindi ho preferito cambiare aria per non lavorare vicino a lui».
Tra le tante sliding doors della vicenda, ce n’è una che ad un certo punto si era palesata. Era l’idea che Simplicio tornasse al Sao Paulo, il club dove aveva preso avvio la sua carriera da calciatore, era un’idea interessante. Ancor più che proprio Sabatini – che non è solo il cattivo che perseguita, ma è anche un gran competente di calcio – voleva in cambio un certo Casemiro, giovane di belle speranze. Non è andata così e in Italia, se non come avversario, abbiamo visto un fuoriclasse in meno.
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