Battistini: “A 16 anni sformavo le scarpe a Rivera. Maradona? Mi fece i complimenti”

allgossip9@gmail.com
8 Min Read

L’ex libero, preso dal Milan a 14 anni per 15 milioni e rivenduto per 6 miliardi di lire: “Con l’Inter due Coppe Uefa, ma rischiai un’altra B”

Pierfrancesco Archetti

Giornalista

“Ho esordito nel Milan a 17 anni e vivevo a Milanello. Solo nell’ultimo anno abitavo a Milano città: adesso è cambiata tantissimo, è diventata una metropoli bellissima. Quando sono tornato con l’Inter, nel ‘90, con la spinta del Mondiale San Siro era nuovo. Mi fece effetto vedere una piscinetta nello spogliatoio. Pensavo: come siamo avanti”. Sergio Battistini, di Massa, è cresciuto al pari della città che lo ha accolto due volte. Prima esperienza nel Milan, con due campionati vinti, ma di B. La seconda nell’Inter, con due Coppe Uefa nel suo palmares, però quasi retrocedono anche i nerazzurri. Una galleria di esperienze e personaggi di alto livello, specchi di un’epoca. 

Ha conservato la maglia di Maradona? 

“Sì, rimane un ricordo troppo bello. Mi fece i complimenti perché l’avevo marcato bene senza falli. Era un’amichevole Milan-Boca nell’81, avevo 18 anni, ma forse lui non era al 100%, altrimenti sarebbe stato un problema. L’ho ritrovato al Napoli, con il Milan. Liedholm mi diceva: “Gioca nella tua zona, ma non marcarlo”. Infatti feci gol io. Partivo e lui non mi seguiva”. 

Liedholm la voleva regista largo. Ma cosa significa? 

“In pratica ero terzino destro, ma lui diceva così. Perché voleva la difesa alta. Baresi e Di Bartolomei centrali, Tassotti sull’altra fascia. Liedholm è uno degli allenatori più bravi e intelligenti che ho avuto: il più avanti, ci ha portato la zona. Per farmi stare tranquillo mi aveva battezzato regista largo. Ma dopo l’andata sono tornato a centrocampo. Ho segnato 5 gol, ma avevo un cattivo rapporto con Farina e mi hanno venduto alla Fiorentina. Io ed Evani eravamo arrivati insieme dalla Massese: avevamo 14 anni, costati 30 milioni di lire in due. Mi hanno venduto per sei miliardi. Buon investimento, direi”. 

Con il Milan vinse due volte la B. Una retrocessione per il calcio scommesse, l’altra sul campo. La prima fu uno shock per un ragazzo arrivato dal vivaio? 

“A 16-17 anni non stavo a pensare ai problemi enormi che c’erano in società, a cosa era stato combinato con il calcio scommesse. Vivevo in un sogno. Vedevo a Milanello Albertosi arrivare con la pelliccia, a Rivera sformavo le scarpe: era un onore per me”. 

“A quei tempi i materiali per le scarpe erano diversi, quelle nuove andavano usate prima per prendere la forma e toccava ai ragazzi metterle per i titolari e avere le vesciche. E ricordo ancora il debutto in Coppa Italia accanto a questi campioni. La seconda retrocessione fu dura, la squadra era buona. Avevo 18 anni ed ero nei 40 per il Mondiale ‘82, poi vinto. Ma quell’annata storta mi costò l’ingresso nei 22”. 

La Mitropa Cup vinta, coppa delle squadre di B e con club dell’Est: che esperienza era? 

“L’Est era sotto l’influenza sovietica. Mondo sconosciuto per noi occidentali, uscivamo di sera e non c’era nessuno. Campi fangosi e buio alle 4. Dicevamo: dove siamo capitati?”. 

Altra coppa: la Uefa. I suoi cinque anni in viola si chiusero con la finale contro la Juve, che si prende il trofeo. Era la prima tra italiane e un suo compagno gridò in tv: ladri. Che cosa successe? 

“A Firenze la Juve la odi o la ami. E bisogna anche saper vincere in bellezza. Io non sono un tipo che insinua i sospetti, non c’era il Var, qualcosa scappava agli arbitri. Non posso dire se fosse volontario. Diciamo che tre indizi fanno una prova”. 

A Firenze diventò libero? 

“Pensi che io nasco centravanti. Poi nelle giovanili del Milan Italo Galbiati mi mette a centrocampo. A Firenze arriva Eriksson e vara la difesa a quattro, con me al centro. Proprio da libero il Trap mi vuole all’Inter e ritorno a Milano. Vinco due volte la Coppa Uefa. Finalmente”. 

L’EuroInter del 93-94 rischiò però la retrocessione. Che cosa ha pensato: ci siamo di nuovo? 

“Sono quelle annate storte. L’anno prima siamo arrivati secondi dietro al Milan, c’era Bagnoli in panchina. Lui e Trap sono stati tra gli allenatori migliori per me. Ma il secondo anno abbiamo avuto qualche problemino, quando non si andava bene c’è stato il cambio ed è arrivato Marini. Abbiamo sofferto tanto, se non pareggiamo in casa con la Roma rischiamo veramente la B. In Europa invece era un’altra cosa. E abbiamo battuto il Salisburgo nella doppia finale”. 

Ma dopo la prima Uefa, Trap se ne va e arriva Orrico. Come è stato il passaggio per voi? 

“Orrico è di Massa come me, qualche volta lo incrocio. Com’era? Stavamo sempre nella gabbia”. 

Spieghi cos’era quel sistema. 

“Era un campetto, tipo il doppio di uno da calcetto. Con le sponde e la palla non usciva mai, non si fermava. Però se giochi solo in 20 metri e a testa bassa manca la profondità del lancio. Era un sistema per poter velocizzare il movimento, il pensiero, tutto. Ma se stai sempre con la testa giù, non è che poi la alzi e vedi un compagno che scatta e lo lanci. Era un’idea particolare, però nel calcio le partite le vincono i giocatori. Guardiamo la Nazionale adesso. Possiamo prendere anche il Mago Zurlì. Ma se non fanno giocare gli italiani in Italia, l’allenatore può arrivare fino a un certo punto”. 

Dopo la fine della carriera ha allenato, prima in D e poi nelle giovanili. È difficile lavorare con i ragazzi post Duemila? 

“Settore giovanile con Fiorentina e Spezia, poi basta. Ho visto che non era più il mio calcio. Mi piaceva con i ragazzi, mi rapportavo bene con i genitori, poi è importante avere una società con persone competenti. Il lavoro di un allenatore non è vincere, è far crescere i ragazzi, insegnare i gesti tecnici, non la tattica. Quella si fa con gli Allievi, in Primavera. Un allenatore di settore giovanile deve insegnare cose che adesso si vedono poco. I cross, per esempio. Guardo qualche partita in A: arrivano sul fondo e tornano indietro anziché crossare. Se fossi un attaccante manderei a quel paese i compagni. Una volta la mettevi dal fondo e l’attaccante attaccava la porta: si faceva gol. Adesso è tutto avanti e indietro, avanti e indietro. Mi annoio, preferisco il tennis”.



Share This Article
Leave a Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *