Barcellona-Inter, intervista al figlio di Luisito Suarez: “Papà tiferebbe Inter”

allgossip9@gmail.com
5 Min Read

Il figlio del grande doppio ex: “Non ha mai smesso di sentirsi spagnolo, ma Milano era la sua felicità. Non ha mai pensato che un Pallone d’oro non dovesse essere una persona normale”

dal nostro inviato Filippo Conticello

Questo strano filo intrecciato tra Milano e la Catalogna, un rosario di campioni rimpianti e battaglie senza tempo, ha una precisa data di inizio: nell’estate del 1961 Luis Suarez Miramontes, da tutti chiamato Luisito, primo Pallone d’oro spagnolo e stella del Barça, fu comprato dall’Inter per una montagna di pesetas. Venticinque milioni, all’epoca si stentava a crederci. Con l’assegno di Angelo Morati, i catalani sistemarono i conti e completarono le tribune del Camp Nou, mentre Helenio Herrera trovò l’architetto per la Cappella della Grande Inter in costruzione. Luisito non c’è più dal 9 luglio 2023, si è unito lassù agli altri eroi di HH, ed è stato raggiunto anche dal grande Jair giusto prima di questo Barça-Inter. “Mi piace pensare che la semifinale di Champions sia una partita nel nome e nel ricordo di papà”, dice adesso il figlio 55enne, che si chiama come lui, Luis Suarez, ma ha tutt’altra vita alle spalle: è appassionato di sport, pratica il triathlon amatoriale, ma ancor di più ama la natura e la ricerca. Da biologo di fama, è diventato a Madrid uno dei capi del WWF spagnolo: “Spesso nel nostro lavoro parliamo di “habitat naturale”, a me è sempre piaciuto pensare che a Milano, all’Inter, mio padre abbia trovato il proprio habitat. I colori nerazzurri e la città in cui ha vissuto e si è spento erano semplicemente il suo luogo più felice, anche se non ha mai smesso di sentirsi spagnolo e galiziano”.

Se oggi fosse qui, per chi tiferebbe Luisito?

“Avrebbe il cuore diviso, come normale che sia perché queste sono le due squadre più importanti tra le quattro della sua vita. Penso che alla fine sceglierebbe l’Inter. Io, invece, ho tre figlie del Barça… Di certo, ci divertiremo tutti e si sarebbe divertito anche papà: voleva notti così, fatte per giocatori speciali come lui”.

Stavolta non si gioca al Camp Nou, tempio costruito anche grazie a suo padre.

“Il suo rapporto col Barcellona è stato di amore, forse poco compreso. Gli ha lasciato quasi un sapore agrodolce, anche se non se ne è mai lamentato: non è un caso unico, il Barça ha sempre avuto un rapporto particolare con i propri idoli, li ha apprezzati e rimpianti dopo. Sono curioso di vedere come sarà il nuovo Camp Nou, un pezzo del vecchio si deve a lui che, fino a Rodri, è stato l’unico Pallone d’oro spagnolo”.

Vede qualche Suarez in questa partita?

“Lamine e Pedri sono artisti e la garanzia di tante vittorie in futuro. In nerazzurro mi piace tanto la vitalità di Barella e Lautaro, il killer che cerca Inzaghi. È vero che le due squadre arrivano in maniera diversa a questo appuntamento, ma la Champions cambia tutto, soprattutto se si affrontano due squadre così piene di storia”.

Quella della Grande Inter la sente ancora intorno alla sua famiglia?

“Ogni volta che sono venuto a Milano ho parlato con Gianfranco Bedin, un fratello che gli è stato sempre molto vicino. La Grande Inter è memoria collettiva: nessuno juventino o milanista ne parlerebbe mai male”.

Negli ultimi anni, sorprendeva vedere suo padre sedersi in una stazione di benzina di Milano e conversare con sconosciuti.

“Era semplicemente lui. Lo guidavano l’umiltà e la voglia di stare insieme. Non ha mai pensato che un Pallone d’oro fosse diverso da una persona normale, lì ritrovava l’umanità di uno sport che non c’è più. Gli bastava sentirsi voluto bene. So che gliene vogliono ancora tutti. Ancora di più prima di un Barça-Inter…”.



Share This Article
Leave a Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *