Barbara Berlusconi, intervista: “Io, papà, il Milan, lo stadio e…”

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La figlia dell’ex presidente di Milan e Monza parla a pochi giorni dal terzo anniversario della morte del padre: “Ha lasciato un’identità vincente, un modo di stare in campo che ha cambiato la storia. Sul mio progetto al Portello le istituzioni furono restie, ma San Siro è fatiscente e ristrutturarlo è antieconomico”

C i sono date da cui non si sfugge, ma non è detto che occorra farlo per forza, anche se sono dolorose. Prima le vedi avvicinare, poi ti vengono a prendere e ti portano tra le pieghe più profonde dell’anima. Per Barbara Berlusconi il 12 giugno è una di quelle date. Mentre per il resto del mondo – quel giorno di due anni fa – era morto Silvio Berlusconi il politico, l’imprenditore, l’uomo di calcio, per lei se n’era andato il papà. Prima papà, poi tutto il resto. Avvicinarsi all’anniversario significa riuscire a restare in equilibrio tra le molteplici forme del ricordo pubblico e quello intimo. Barbara è la terzogenita di Silvio, al quale sono legati indissolubilmente i suoi primi 40 anni: l’educazione, la responsabilità e a volte il peso di portare quel cognome, le aziende di famiglia (è nel Cda di Fininvest), il Milan respirato profondamente tutte le settimane ad Arcore e poi vissuto in prima persona nei quadri dirigenziali su invito del padre. 

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