Parla il sottosegretario alla presidenza del Consiglio: “Sì all’intelligenza artificiale e ai big data nel calcio, a patto che vengano utilizzati in modo virtuoso”
“La tecnologia fa parte dell’evoluzione umana. Non si può tornare indietro. È essenziale, però, utilizzarla in modo virtuoso. L’algoritmo non deve uccidere la passione dei tifosi”. Sta in queste parole, nella faticosa ma ineludibile ricerca di un compromesso tra passato, presente e futuro, il punto di vista di Alberto Barachini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria.
L’intelligenza artificiale, i big data e, in generale, le innovazioni stanno trovando diverse applicazioni nel calcio. Lo scouting dei giocatori, la rilevazione delle performance atletico-sportive anche nell’ottica di prevenire gli infortuni, la video-assistenza arbitrale, l’esperienza immersiva del pubblico. Come si concilia tutto questo con la tutela dei diritti?
“L’elemento che sta diventando centrale nelle nostre vite, calcio compreso, è quello del dato. La sua rilevazione, la sua conservazione e il suo utilizzo. Ormai sappiamo benissimo che in campo professionistico molte scelte vengono condizionate dai dati. Ecco, bisogna evitare che il dato venga distorto. Anche la Serie A sta studiando degli strumenti affinché i dati vengano posizionati sulla blockchain, e che quindi siano certificati e non modificabili. E poi, abbiamo il dovere di far sì che l’ultima parola spetti all’uomo. È una questione di fiducia. Chi assiste a una partita di calcio o segue il proprio idolo deve credere che quell’evento si svolga nel pieno rispetto delle regole. Se le innovazioni aumentano il clima di fiducia sono ben accette, se invece distraggono dalle performance vanno limitate”.
A cosa si riferisce, in particolare?
“La forza delle emozioni di una giocata improvvisa è unica, le troppe interazioni possono ridurre il coinvolgimento. I più giovani seguono il calcio attraverso il telefonino, è una fruizione molto diversa da quella delle generazioni precedenti. Ho assistito, per curiosità, alla Kings League (il torneo itinerante di calcio a 7 con ex calciatori e influencer, ndr). Quella è la dimostrazione che lo sport ha ormai assunto più dimensioni: live, in streaming, attraverso le interazioni social. Va tutto bene, ma credo che l’esperienza dello stadio, con quei momenti di attesa prima di un rigore senza fare altro, vada preservata”.
A proposito di esperienza dal vivo, oggi si è creata una netta divaricazione tra ciò che vediamo da casa e ciò che si può vedere allo stadio.
“Ricordo quando in tv c’era il Processo di Biscardi. Si parlava della moviola in campo e sembrava una cosa futuristica. Oggi tutto è misurato dal Var, dal fuorigioco elettronico, dalla goal line technology, ma tutti noi, come tifosi, continuiamo ad arrabbiarci con l’arbitro”.
“È un bene nel senso che continuiamo giustamente ad avere un rapporto con la valutazione umana. Altrimenti il tifo verrebbe sopito. A me colpisce molto quando uno stadio esplode di gioia, si ammutolisce nell’attesa della video review e poi esulta di nuovo. È un po’ straniante. Ho avuto la fortuna di visitare il centro Var della Lega Serie A a Lissone. Un grande passo nel futuro. Allo stesso modo, ciò che penso, e lo dicono pure gli arbitri e gli ex calciatori, è che la forza di un contatto di gioco possa essere valutata correttamente solo da chi è sul campo. Serve un equilibrio tra la componente televisiva-digitale e quella umana, in modo da non uccidere la cosa più bella del calcio, cioè la passione”.

È al Senato in terza lettura il ddl sull’IA, con l’obiettivo di approvarlo in via definitiva entro l’estate. Cosa cambierà?
“Ci sarà, per esempio, una protezione specifica del diritto d’autore, centrale per il sistema informativo ed editoriale. E verrà introdotta la nuova fattispecie di reato di deep fake, laddove la manipolazione di un video o di un audio venga compiuta per creare un danno contro la persona. In commissione ci hanno mostrato video realizzati durante alcune partite di basket. L’IA modificava l’espressione degli spettatori, da sorridente a triste, proiettando le immagini distorte sugli schermi. Ciò influenzava il mood del pubblico, inducendo una critica al gioco della squadra. È un tema, questo, particolarmente delicato, anche nello sport. Si pensi alla veicolazione sui social di immagini false con proteste del pubblico, allo scopo di fare pressione su questo o quel club”.
È favorevole all’ipotesi di utilizzare il riconoscimento facciale ai tornelli degli impianti, in modo da individuare più facilmente gli autori di violenze o di comportamenti discriminatori?
“Le normative europee sui dati biometrici sono molto stringenti, limitandone l’uso a indagini che riguardino reati di estrema gravità. Per quanto concerne gli stadi, non vedo la necessità di avere un riconoscimento facciale per il pubblico, che comprometterebbe la tutela della privacy. Ritengo che siano sufficienti le procedure previste con il biglietto nominativo”.
Sottosegretario, lei segue il calcio?
“Sono un grande appassionato, tifo per la Juventus. Per me il calcio è passione pura. Quando mi capita di giocare, ormai molto di rado, è come tornare bambino. Lo sarà anche martedì, in occasione della Partita del Cuore che, per una volta, unisce i politici di tutti i colori per uno scopo nobile come la raccolta fondi a favore del Progetto Accoglienza della Fondazione Bambin Gesù, in collaborazione con la Caritas. Ho chiesto di giocare con la maglia numero 14, quella del mio idolo Johan Cruijff”.
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