I nuovi tecnici suscitano curiosità e si sono meritati l’occasione, i due club devono supportali e chiarire progetti e ambizioni
Quanto conta un allenatore? Vecchia questione, senza risposta. Il peso è rilevante, difficile da quantificare ma evidenziato dal percorso di Luis Enrique al Psg: impossibilitato a incidere quando lo spogliatoio era pieno di figurine belle ma condizionanti, eccezionale quando ha potuto plasmare una squadra in base alle sue idee. La Champions del Psg è nata quando è cambiata la mentalità dei dirigenti. E la ricetta magica è la stessa di tanto tempo fa: Arrigo Sacchi creò una macchina perfetta, ma ad aprire la scalata del Milan verso la vetta del mondo fu la visione di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. Senza una società forte l’allenatore, anche se bravo, rischia di fallire. La scelta del tecnico è delicata perché indirizza (o dovrebbe) il mercato e le strategie ed è anche un investimento importante a causa di staff sempre più numerosi. Meglio non sbagliare, insomma.
chivu e tudor, rischi calcolati?
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A differenza del Milan che è andato sul sicuro (Allegri, piaccia o no, è una certezza: la sua squadra fa i punti che ha nelle gambe, difficilmente di più, ma solitamente mai di meno), Inter e Juve hanno preso una strada interessante e rischiosa. Interessante perché i due tecnici stimolano grande curiosità. Cristian Chivu e Igor Tudor in campo guardavano in faccia ai problemi e provavano a risolverli. Difensori che amavano affacciarsi in avanti nel caso ci fosse bisogno di loro. Hanno indossato le maglie delle squadre che adesso allenano. Escono da un part-time in cui hanno centrato l’obiettivo indicato. Quest’occasione se la sono meritata, non è un regalo. Chivu e Tudor sanno già che, se qualcosa andrà male, pagheranno loro. Ma il rischio vero lo corrono le due società. Se ci sono dei dubbi su quanto conti l’allenatore, non ce n’è alcuno sull’importanza dei dirigenti: sono determinanti, nel bene e nel male.
inter, niente passi indietro
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A garantire la stabilità e la competitività dell’Inter in questi anni è stata la magistrale gestione di Marotta, ben coadiuvato da Ausilio. Su una base solida Inzaghi è stato eccezionale nel trasmettere idee di gioco che alzassero il livello dei calciatori e consentissero alla squadra di essere sempre ambiziosa. L’ultima stagione nerazzurra non è stata vincente, certo, ma avvincente sì. Quante volte può capitare di essere in corsa per tutto e restare senza nulla in mano? È successo, ma il lavoro e il percorso restano. Adesso l’Inter vive una fase di svolta più a livello societario che tecnico: Chivu deve essere messo nelle condizioni di allenare con serenità e da Oaktree ci si aspetta un’indicazione chiara sul progetto. Marotta, stranamente impreparato al momento del cambio in panchina, ha saputo reagire in fretta. Ma lui stesso è operativamente legato alle linee-guida della proprietà, i cui effetti nel bene o nel male si vedranno nel tempo. Nel ciclo-Inzaghi il club è cresciuto economicamente e tecnicamente: fare un passo indietro sarebbe un peccato.
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juve, non si può sbagliare
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Anche la nuova Juve targata Comolli non può permettersi di prendere la direzione sbagliata. Il ritardo nella partenza è certificato dalla mancanza di un direttore sportivo a mercato aperto. Il ruolo di Chiellini è un po’ nebuloso e forse poco operativo: non sfruttare le competenze ad ampio raggio di Giorgio sarebbe grave. Comolli ha parlato di ossessione della vittoria. Giusto, trattandosi della Juve. Ma per adesso basterebbe l’ossessione della competitività: sarebbe già un bel passo avanti rispetto a una stagione nella quale la Juve si è limitata a partecipare. La scelta di andare avanti con Tudor offre due diverse chiavi di lettura. La prima, nobile: Igor si è meritato di guidare la Juve e sarà messo nelle condizioni di lottare per traguardi importanti. La seconda, di basso profilo: non potendo rinforzare in modo sensibile la rosa, si conferma il tecnico che guidando Lazio e Juve ha tenuto una media di 2 punti a partita, sufficiente per l’indispensabile 4° posto. Le due chiavi di lettura tracciano la differenza tra un progetto ambizioso e un altro che punta a vivacchiare in attesa di un futuro migliore. Alla Juve non può nemmeno esistere un dubbio simile. Ma quale Juve sta nascendo? Quella che si vuole ribellare a una lunga striscia di piazzamenti deludenti e cerca di accorciare i tempi della rinascita o quella che si accontenta di mettere a posto i conti rifiutando però di alzare l’asticella? Tutto ruota attorno a questa domanda. E la risposta non la può dare Tudor.
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