Ieri finalmente in campo per l’allenamento: la sfida del tecnico con la Dea è cominciata
La sua prima Dea, a bassa voce. Che non significa in punta di piedi. Ieri, finalmente, Ivan Juric ha diretto l’allenamento che ha inaugurato la sua nuova vita atalantina. Senza chiedere troppi sforzi alla gola provata dall’infiammazione all’epiglottide che l’ha costretto al ricovero, ma già sul pezzo. Per urlare come sa fare, ci sarà tempo: la sua partita è appena iniziata.
la sfida
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Il macigno sulle spalle sarebbe stato pesante per tutti, lo sarà meno, o ancora di più, per chi – da giocatore e da collaboratore – è stato al fianco del totem diventato il simbolo della nuova era Atalanta? Dopo nove anni di dominazione Gasperini, Juric dovrà raccogliere un’eredità non banale, di calcio e di ambizioni. E assecondare, anche con i risultati, l’entusiasmo della piazza che non sembra sopito: i 15.300 abbonamenti in vendita sono stati bruciati, la curiosità per il nuovo corso non è inferiore ad una fede che va oltre la nostalgia per chi a Bergamo è stato una specie di re.
L’obiettivo
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Gasperini, prima dell’addio, tuonò facendo sobbalzare soprattutto la costola americana della proprietà: “Per la prima volta dico che la qualificazione alla Champions sarà difficilmente ripetibile”. Ma per la nuova dimensione, anche internazionale, dell’Atalanta, la percezione di quella frontiera resta molto “sensibile”: la concorrenza sarà ancora più numerosa e qualificata – e il club lo sa – ma Juric ha arretrati di ambizione da rivendicare. E la chance di misurarsi per la prima volta con questa competizione sarà un incentivo per considerarlo un obiettivo da conquistare in prima persona.
La metodologia
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Juric è descritto come uno stacanovista della panchina, ama presidiare il centro sportivo dalle prime ore del mattino al pomeriggio inoltrato. A fargli compagnia, uno staff che anche a Bergamo ha composto con scelte mirate, non limitandosi ai fedelissimi (significativa l’aggiunta di Miguel Veloso, suo giocatore al Genoa e al Verona) e senza nulla togliere alla centralità del suo ruolo, il tecnico tende a responsabilizzare molto i suoi collaboratori. Prepara allenamenti quasi mai molto lunghi, ma sempre molto intensi e mai fondati solo sul lavoro atletico: il pallone è sempre un protagonista fondamentale. Nei rapporti interpersonali, sa come, e con chi, puntare sul dialogo: non è allenatore di troppe parole, ma rispetto al Gasp forse ha più sfumature da “padre di famiglia”.
la tattica
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Sarà una Dea come sempre aggressiva, arrembante, ma pure concentrata su certi equilibri difensivi e, dal punto di vista tattico, anche duttile: nel solco, ma rivisitato, di Gasperini. Dunque, sempre partendo dalla difesa a tre: tendenzialmente 3-4-2-1 o 3-4-3 a seconda della collocazione e dall’interpretazione più o meno offensiva di chi “accompagna” il centravanti.
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le scommesse
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Sono tante, e affascinanti per un valorizzatore come Juric. Fare di Scamacca e Scalvini non solo due “nuovi acquisti”, ma di nuovo due titolari. Completare la maturazione di Kamaldeen Sulemana, che avrà un numero di maglia non banale: il 7. Il croato nella sua breve apparizione al Southampton lo aveva valorizzato e il ghanese aveva lanciato segnali di grande crescita. Ripercorrere con Ahanor il percorso già disegnato al Verona per Dimarco o al Torino per Rodriguez: una modulazione tattica da esterno a centrale della difesa a tre. Dare un ruolo più centrale a Samardzic, magari variando il sistema di gioco più collaudato in un 3-4-1-2. Impiegare Maldini stabilmente da punta esterna o seconda punta. Fare di Brescianini un centrocampista “puro”, da impiegare da mediano a due, così da diventare assieme a Sulemana (e nel caso Pasalic) un’alternativa effettiva a De Roon e Ederson.
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