Il tecnico ha un feeling col presidente da anni: dal modulo 4-3-3 alla dimensione europea del club, c’è una visione comune su tutto
Ma di “corto muso” a chi? Perché stavolta, nell’universo sconfinato del mercato, tra zonisti e puristi o strateghi e retorici, c’è stato sistematicamente un solo uomo al comando del restyling ispirato da De Laurentiis, la sua maglia sarà azzurra e il suo nome sarà Massimiliano Allegri. Certe storie, nel calcio, fanno giri immensi, ma ripensando a ciò ch’è stato il Conte Max, in questa nuova vita a volte scamiciata, potrà andare a ritrovar se stesso sulla salitina dei passi perduti, quartiere Soccavo, Centro Paradiso. In realtà, in quella stagione 1997-98 una specie di inferno, allenatori come se piovessero (alla fine, quattro) e lui sulla scialuppa del “Gale” fino a quando, come una mannaia, non arrivò l’esonero. E Allegri, un fine dicitore però in una squadra sbrindellata, si ritrovò sistemato ai margini, una specie di ospite indesiderato, senza quasi più vedere il campo nelle ultime quindici domeniche, perché all’epoca s’usava così, via il mentore e pure gli allievi.
quante volte
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La fumata azzurra, dal comignolo di Castel Volturno, uscirà ovviamente quando esisteranno le condizioni, senza incidenti diplomatici, senza accavallamenti, e soprattutto senza incrociare uomini inconsapevoli protagonisti di una “staffetta” che già è avvenuta alle latitudini di Vinovo – estate nel 2014 – e che stavolta si vorrebbe evitare, per stile. Ma Allegri Napoli l’ha vista da vicino più e più volte, è stato lusingato – quando era al Milan – da De Laurentiis nella primavera del 2012; s’è soffermato a chiacchierare con lui ripetutamente, e poteva succedere ancora nel 2023, nel dopo-Gattuso, quando Adl rimase per un po’ in mezzo tra Max e Spalletti e poi, il 25 maggio, scelse non senza prima una telefonata al toscano di Livorno, con il quale è andato di sfottò con fare anche paterno.
call center
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Stavolta, nelle segrete stanze della Pineta sono sparite le zone d’ombra: un solo candidato, nessuna perplessità, dialogo frontale come tra vecchi amici, idee chiarissime e discrezione. De Laurentiis ha intuito da un po’ di tempo che con Conte non ci sarebbero stati margini, retaggio di gennaio – di Kvara e anche di una sostituzione mai seriamente inseguita – e poi c’è stato quel pizzico di gelo che sa di messaggio subliminale, una connessione svanita e collegamenti telefonici sempre più rari. In quei giorni, tra l’ansia per uno scudetto appeso ad un filo sottilissimo, Adl s’è concesso le proprie riflessioni, ha ripensato alle proprie strategie, ha evitato di andare a cercare con il bussolotto e ha voluto concedersi una certezza ma anche una tela alle gallerie dei Grandi, lui che s’è regalato Rafa Benitez, poi Carlo Ancelotti, poi Antonio Conte; lui che ha colto istintivamente in Maurizio Sarri le potenzialità di un “Comandante”; lui che s’è assunto le responsabilità di quegli errori nel dopo-scudetto del 2023, stavolta ha inseguito ancora e di nuovo il Top, sei scudetti (tra Milan e Juve), una sventagliata di Coppe e una disinvoltura che l’ha conquistato mica adesso. Il resto l’ha aggiunto Giovanni Manna, il diesse, che a Torino ha condiviso serate e tormenti nella stagione dei disastri, delle penalizzazioni, del fracasso affrontato senza mai sbraitare. Ad Adl Allegri è sempre piaciuto, l’ha confessato in pubblico e anche in privato agli amici, vive con disincantata responsabilità lo stress del proprio ruolo, è democraticamente “autoritario”, non logora e ha una dimensione internazionale, come sottolineano le due finali europee. Conviene aggiungere, nonostante la storia tattica personale dica altro, che Allegri appartiene alla generazione del tridente (come non esserlo se hai studiato con Galeone?), percorso che solo occasionalmente ha potuto seguire e che però stavolta potrebbe tentarlo, perché il Napoli come squadra gli piace e come società, che al 4-3-3 s’è votata, anche.
gli amici
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C’è una sfilza di amici di quell’epoca e anche di giorni più recenti che nelle vigilie di Napoli-Juventus ha sempre avuto modo di andare a salutare Allegri in albergo, chiacchierare in scioltezza, perché la tensione d’una partita può anche essere affrontata gustandosi un caffé da un terrazzo di Corso Emanuele: tu guarda la combinazione, due passi dalla vecchia casa di Ferlaino, il suo presidente del ’98, e, coincidenza, pure la residenza partenopea di De Laurentiis, con il quale ha avuto modo di ritrovarsi più di un paio di volte. “Prima o poi…”. L’abito, adesso, è su misura: Sartoria napoletana, al conte Max piace.
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