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Allegri attacca Giuntoli dopo la Coppa Italia vinta: «Felice di lasciare una squadra vincente»

May 16, 2024 | by allcalcio.it

Allegri attacca Giuntoli dopo la Coppa Italia vinta: «Felice di


diMassimiliano Nerozzi

L’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri a fine partita allontana il ds Giuntoli e festeggia con la squadra. «Ma non è vero, rispetto la società e gli uomini. Una società ha il diritto di cambiare, contava vincere e lo abbiamo fatto»

Furente e vincente, Massimiliano Allegri se ne va così: con la Coppa Italia nella bacheca di una stagione altrimenti deprimente, e la giacca e la cravatta lanciati sul prato, urlando di tutto a Maresca e al quarto uomo, in uno dei suoi ormai celebri strip-tease. Per questo (giustamente) espulso, mentre stava esagerando, sbottonandosi la camicia, come fanno i bulli, e gridando verso la tribuna, chiedendo del designatore arbitrale: «Dov’è Rocchi? Dov’è?». 

A scatenare l’inferno, un po’ hollywoodiano, pure per perdere tempo, come nel basket facevano Dan Peterson e Valerio Bianchini, erano stati il maxirecupero e una mischia in area. Arrabbiato è parso anche più tardi, durante i festeggiamenti, quando con un gesto è sembrato allontanare il capo dell’area tecnica, Cristiano Giuntoli: «Ma no, assolutamente — ribatte l’allenatore alla fine — rispetto molto la società, e gli uomini».
Il Dio desnudo se n’era andato osannato dalla curva (e portato in trionfo dai giocatori), dopo aver schiantato una Dea che pareva spinta dal fato. «Magari non sarò più qui, mi danno fuori, e una società ha il diritto di cambiare tecnico e giocatori, ma lascio una squadra vincente». 




















































Che è poi la missione imposta dal motto della ditta: «La Juve significa vincere e stavolta ce l’abbiamo fatta». Nell’ora più buia, Allegri riscopre così l’arte di vincere che, come l’amalgama di Angelo Massimino, non si compra: così, all’ultimo tentativo dell’ultima stagione bianconera, arraffa l’unico trofeo, evitando di diventare il meme di se stesso. «Se uno non vince mai, ci sarà un motivo», sbottò, cinque anni fa, quando fu messo alla porta da Andrea Agnelli. Lanciando l’anatema a chi sarebbe venuto dopo di lui. Eppure, fino a ieri, sulla sua Juve Parte seconda aleggiava la maledizione del «ziru tituli» per tre anni filati, in un remake che è stato l’esatto opposto del suo primo film alla Juve: un blockbuster irripetibile, da cinque scudetti filati e due finali di Champions, oltre coppe assortite.

La stagione pareva un romanzo di Kafka, piena di labirinti senza uscita, come l’agrimensore che non arriva mai al «Castello», o il signor K. che non scoprirà mai di quale reato è accusato nel «Processo». Pure in questo caso però, la sentenza è pronta da tempo, qualsiasi fosse stato l’epilogo della stagione, compresa la serata di gala dell’Olimpico. Coppa o non Coppa. Vincere un trofeo, per Allegri, non era solo una faccenda aziendale — e fieramente aziendalista lui s’è sempre definito — ma era diventata una questione d’onore. 

Tutto era andato perso per strada: i risultati, la squadra, il gioco manco a parlarne, si erano dissolti, in un ritorno faticosamente arrivato alla qualificazione alla prossima Champions. «Che era poi l’obiettivo», concetto da ripetere, e ripetuto, «fino alla noia». Giusto per presentarsi alla Continassa con l’ordine di servizio rispettato, e il bilancio onorato: tra il fatturato della qualificazioni europea e i ricavi del mondiale per club. Non è poco, non è tutto: semplicemente, è. Salvare il matrimonio, tra Madama e Allegri è dura: pensiero più che strisciante da diversi mesi, visti i rapporti incrinati, dopo che la stagione precedente, Max aveva fatto l’allenatore e il dirigente, mentre la società andava in frantumi. Si lasceranno così, per umano logoramento: a trasformare il futuro in una nuova saga ci proverà Thiago Merlino.

16 maggio 2024



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