Alcone Milano, obiettivi e strategie per il futuro

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Il presidente della squadra milanese dopo la salvezza al termine della prima stagione in C: “Ripartiamo da Mavilla, Cusatis e Bellotti. Un incubo gli ultimi due anni, costruiremo fuori il nostro nuovo impianto”

Andrea Barilaro

Non parlategli di sogni “perché ne ho troppi: servirebbe una serie tv da venti o trenta puntate…”. Giulio Gallazzi, 61 anni e imprenditore bolognese, presidente dell’Alcione che studia da Giuseppe Marotta (“Siamo amici, gli chiesto spesso dei consigli”), preferisce parlare di obiettivi. In ordine sparso: lo stadio (“Ce lo stiamo costruendo noi, a Milano è un incubo”), la Serie B (“L’ho detto a più riprese, e qui lo ribadisco”), l’Alcione di domani (“Parlerò con ogni membro della società: voglio guardarli negli occhi uno ad uno”). La scadenza più impellente ce l’ha l’ultimo dei tre obiettivi, cioè il futuro: dopo il recente addio di Marcello Montini, ex socio al 50 percento, la società di via Olivieri – reduce da una comoda salvezza alla prima, storica stagione in Serie C – è passata totalmente nelle sue mani.

Presidente Gallazzi, dobbiamo aspettarci grossi cambiamenti?

“Fin quando c’era Marcello, i nostri ruoli erano ben definiti. Lui era più presente sul campo e aveva un rapporto diretto con lo staff, mentre io mi occupavo più della holding finanziaria, dello sviluppo commerciale e del rapporto con gli sponsor. Quindi seguirò un principio a me caro: voglio conoscere, poi deliberare”.

“A partire dalla prossima settimana incontrerò uno ad uno ogni persona che lavora in società. Vorrò confrontarmi, parlarci, capire punti di forza e punti di debolezza, quindi analizzare opportunità di sviluppo. Li guarderò negli occhi per capire se condividiamo gli stessi obiettivi, lo stesso attaccamento alla maglia e lo stesso senso di appartenenza: così facendo, nel giro di un mese, definirò la nuova organizzazione”.

Quali saranno i capisaldi del nuovo progetto?

“Anzitutto voglio una squadra più competitiva: questo è il mandato che ho dato a Matteo Mavilla e Giovanni Cusatis, il nostro direttore sportivo e il nostro allenatore. Ripartiamo da loro: avevano un contratto pluriennale, ma in ogni caso da parte mia non ci sarebbero stati dubbi circa la loro permanenza. E vale lo stesso per Riccardo Bellotti, il responsabile del settore giovanile: sarà uno dei primi che incontrerò”.

Parliamo della stagione appena conclusa. Dopo l’ultima partita contro la Giana Erminio l’abbiamo vista parlare con la squadra: cosa vi siete detti?

“Ho voluto far passare due messaggi. Il primo riguarda il presente, cioè la stagione appena conclusa: siamo andati vicini a centrare i playoff e sarebbe stato qualcosa di incredibile, considerando che era il nostro primo campionato di Serie C, ma in ogni caso sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Dopodiché ho parlato del futuro, cioè dell’inizio di un nuovo ciclo ancora più ambizioso: potrà durare tre o quattro anni, non c’è un termine preciso, ma l’obiettivo è la Serie B”.

A che punto è la costruzione del nuovo stadio?

“In primis ci tengo a dire che sarà un investimento importante con l’acquisto di un terreno di 30mila metri quadrati. Costruiremo uno stadio da 6mila posti che potrà essere poi ampliato fino al raggiungimento dei 10mila. In questo avrò ancora il supporto di Marcello Montini, visto che i lavori li porteremo avanti attraverso una società di cui siamo entrambi soci al 50 percento”.

Le dispiace lasciare il comune di Milano?

“Sì, ma non c’erano possibilità di rimanerci. Gli ultimi due anni sono stati un incubo: è incredibile che una città come Milano, che tra un anno ospiterà le Olimpiadi, non possa garantire uno stadio professionistico di calcio che non sia San Siro. Abbiamo provato con l’Arena Civica, ma è stato inutile. Sappiamo tutto quello che è successo, quindi siamo costretti a uscire, seppur di poco, dal comune di Milano, rimanendo però nell’area metropolitana. Ho due anticipazioni: il nuovo stadio accoglierà prima squadra e Primavera, in più sarà a pochissimi minuti di macchina dalla nostra sede di via Olivieri, che rimarrà comunque il cuore della società e del settore giovanile”.

Che rapporto ha con Milan e Inter?

“Io e Montini ci dividevamo anche in questo. Lui aveva ottimi rapporti con il Milan, mentre io con l’Inter vista l’amicizia che mi lega al presidente Giuseppe Marotta. Ci tengo a dire che l’Alcione è fieramente indipendente, poi è chiaro che risultiamo una squadra simpatica e siamo pronti a parlare con tutti. Le società di Serie A e B sanno che girare un giovane a noi significa garantirgli una vetrina importante. A tal riguardo, negli ultimi giorni mi hanno condiviso un dato: del nostro girone di Serie C, gli highlights delle nostre partite sono tra i più visti. Questo per dire che abbiamo un bacino d’utenza importante e le possibilità di crescita sono diverse”.

Parlava dell’amicizia con Marotta: le ha dato qualche dritta?

“Quando ho un problema, oppure ho bisogno di un consiglio, lo chiamo. Mi dice su cosa può essere utile ‘arrabbiarsi’ e su cosa no, inoltre mi parla spesso del ruolo del settore giovanile. Mi dice: “Giulio, la prima squadra sicuramente è importante, ma non dimenticarti dei giovani”. Per me è facile seguire questo suo consiglio perché questo modo di pensare fa parte della mia cultura”.

A proposito di vivaio, il vostro è tra i più importanti d’Italia.

“Lo scorso anno abbiamo vinto quattro campionati su cinque, e quell’uno lo abbiamo perso solamente in finale. Posso dire serenamente che ormai eravamo fuori categoria. Il salto da dilettanti a professionisti è enorme, quest’anno abbiamo raggiunto i playoff con alcune formazioni ma credo che il prossimo anno ci toglieremo ancora più soddisfazioni. Questo è un aspetto molto importante: per essere grandi, dobbiamo avere una grande filiera, che è la nostra linfa vitale. E a livello di vivaio non ho problemi a dire che ci consideriamo di Serie A”.

È sempre stato uno di cuore, ripensa mai alle lacrime dopo la promozione di un anno fa?

“Ricordo tutto come fosse ieri. Eravamo appena stati promossi in Serie C e quei momenti, per chi ama lo sport come me, regalano emozioni fortissime. Dopo la promozione ripensavo al percorso, a tutto quello che avevamo fatto per arrivare a quel momento e sì, mi ero commosso”.

E quest’anno si è mai emozionato?

“Molte volte. Racconto della prima partita, la trasferta contro l’Atalanta Under 23. Ricordo che ero in viaggio in macchina e telefonai a mia moglie. Le dissi: “Chissà se mi basterà una mano per contare tutti i gol che prendiamo”, invece vincemmo e da lì iniziò la nostra cavalcata. Una volta finita la partita entrai negli spogliatoi e dissi una sola parola: grazie”.

Dopo l’addio di Montini, potrebbero entrare altri soci in futuro?

“Sicuramente. Al momento sono salito al 100 percento solo perché Marcello ha espresso il desiderio di uscire, quindi non escludo di valutare altre collaborazioni in futuro. Il modello che prevede un solo ‘padrone’ è in declino, è bene essere aperti”.

La ha già contattata qualcuno?

“Diversi imprenditori e anche qualche sponsor che vorrebbe cambiare ruolo. Addirittura mi ha contattato il proprietario di una squadra professionistica americana dell’Nfl. Insomma, il progetto Alcione piace”.



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