No, non è andato tutto bene. I morti certificati per Covid-19, in Italia, sono stati quasi 200mila. Gli abitanti di Parma, per farci un’idea. Sono passati 5 anni. L’8 marzo 2020 un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, consegnava il Paese al lockdown. Il 9 marzo, con il posticipo Brescia-Sassuolo 0-3, si fermava la Serie A. Ciccio Caputo segnò 2 gol ed espose un cartello che è già storia: “Andrà tutto bene. Restate a casa”. Il giorno dopo, l’Atalanta fece un’impresa a Valencia: 4-3. Gasp brindò a Zingonia, ma lo champagne gli sembrava acqua: Covid. Passò una notte spaventata, ascoltando le ambulanze che urlavano. A Ilicic, autore dei 4 gol al Mestalla, il Covid ha scavato dentro un buco nero. Bergamo città martire. Non dimenticheremo più il convoglio militare che trasportava bare.
un mondo deformato
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E neppure il calcio che ci è toccato vivere, quando è ripartito: le urla dei giocatori e il rimbalzo del pallone in stadi deserti, gelidi; i gol festeggiati con i gomiti, proibiti gli abbracci; gli allenatori che parlavano dal campo col microfono, come golpisti, a giornalisti distanziati in tribuna; le mascherine e i tamponi prepartita che salivano al cervello. Cinque anni dopo, è doveroso un pensiero alle vittime e alle famiglie, ma serve anche ricordare il calcio al tempo dell’amuchina, per apprezzare e non dare per scontato ciò che abbiamo perso e ritrovato: gli abbracci, la festa di corpi, suoni e colori che è sempre uno stadio. Invece di avvelenarci a scovare un contatto al Var, per un giorno, ripensiamo a quando i contatti ci sono stati tolti da un maledetto virus.