Napoli calcio: sociologia del terzo scudetto – sociologicamente.it
September 21, 2023 | by allcalcio.it
Il calcio Napoli conquista il tanto agognato terzo scudetto. Ma perché questo tifo così effervescente? cosa lega il tifoso Napoletano alla sua squadra? è una domanda sociologicamente interessante poiché tanta emozione travalica il risultato sportivo e la “semplice” appartenenza alla città.
Spesso alla domanda “perché i napoletani sono così legati alla squadra del calcio Napoli?” si risponde romanticamente “è impossibile da spiegare a parole semplici” – e alle volte – “chi non è tifoso non può capire”. E allora quale migliore occasione per chi scrive questo articolo, (un sociologo napoletano, non tifoso di calcio) per provare a mettersi nei panni di chi non mastica “di pallone” e tentare di comprendere il fenomeno?
Indice
Come anticipato, l’intento di questo articolo è quello di far comprendere il fenomeno del tifo a chi è novizio a questi temi sociologici, ma non solo. Innanzitutto chiariamo che il tifo è un fenomeno sociale per cui un individuo, oppure un gruppo, s’impegnano a sostenere con entusiasmo la partecipazione di un atleta o di una squadra in una determinata disciplina. Lo sviluppo della passione del tifo in un individuo è generalmente riconducibile all’ambiente sociale nel quale va a sviluppare la propria biografia di vita costruendo valori e priorità.
Oltre a questo, il tifo è alimentato e condizionato da elementi relativi all’appartenenza come le tecnologie che veicolano messaggi e narrazioni della squadra/atleta (streaming, abbonamenti televisivi, la possibilità di rewatching su youtube e similari) e dal mercato (non solo il calciomercato, ma anche il merchandising a tema). La partecipazione agli eventi collettivi dunque, diventa una tappa del tifo: la condivisione emotiva passa attraverso la costruzione identitaria del tifoso.
Quest’ultimo aspetto può essere considerato e usato didatticamente come esempio per la costruzione della definizione operativa in metodologia della ricerca sociale: “come si definisce un tifoso?” quali sono le caratteristiche che definiscono – e differenziano – il tifoso da chi non lo è? si è tifosi perché si ha la tessera/abbonamento? e/o perché si guarda la squadra solo allo stadio? si è tifosi perché si comprano solo gadget ufficiali della squadra? e/o se non si fanno sacrifici economici per guardare in presenza la propria squadra in trasferta dall’altra parte del paese o fuori? etc. etc.
Per quanto riguarda il Napoli, come si può desumere da una breve ricerca su internet, le cose vanno oltre questo: gli stati emotivi, come anticipato, non sono circoscritti al singolo evento (che sia esso partita o intero campionato) ma fanno costantemente riferimento a un retroterra culturale ben preciso e costruito negli anni. La storia del calcio Napoli si è sviluppata con e attraverso l’evoluzione e la crescita dei napoletani e della città stessa: da sempre cosmopolita, è stata tuttavia sempre simbolo di un sud sfaccendato, menzognere e disagiato. Ragion per cui una riscossa data dal turismo, la valorizzazione del territorio, le eccellenze culturali, l’abbattimento degli stereotipi, non ha viaggiato separatamente dallo sport, ma proprio da lì ha tratto la sua maggior forza propulsiva: i risultati calcistici divengono veri e propri trofei personali per la popolazione.
Come è accaduto questo? un contributo decisivo lo ha dato Diego Armando Maradona, acquistato dalla società partenopea nel 1984 dal Barcellona per 15 miliardi di lire. Maradona diviene ben presto eroe-mito non solo della squadra ma anche della città: nel 1987 riporta alla squadra partenopea la gioia con il primo scudetto e la consacra a livello europeo con la coppa Uefa dell’89. Ma Maradona non è solo il “Pibe de oro”, il re del pallone, egli è riuscito a toccare le corde emozionali dei partenopei, calandosi nella mentalità del popolo napoletano difendendo la città in più occasioni.
Ad esempio nel 1984 dichiarò alla domenica sportiva in diretta Rai che nel calcio italiano “c’era razzismo nei confronti dei napoletani” e durante i mondiali di calcio nel ’90, alla vigilia della partita Italia Argentina che si giocava a Fuorigrotta, disse “solo oggi l’Italia ha scoperto i napoletani“. Quelle parole risuonarono nello stadio che tifò per l’Argentina. Nonostante successivamente Maradona entrò nel suo periodo più buio (rapporti con esponenti della malavita e con la droga) la sua aura mitica non è stata intaccata ma anzi, valorizzata ancor di più con diversi murales in città.
A tal proposito, come sostiene Edgar Morin (2017), l’eroe sportivo è l’eroe di massa: superumani nel ruolo che impersonano e umani nell’esistenza privata che vivono. I divi attraverso questa duplice natura mettono in atto una circolazione tra il mondo della proiezione e il mondo dell’identificazione. In altri termini, fondendo la vita quotidiana e la “vita olimpica”, i divi diventano modelli di cultura e in certi casi di vita.
Come anticipato, chi vi scrive ha sì una formazione sociologica, ma non è tifoso di calcio. Dunque come fare per comprendere un fenomeno apparentemente sconosciuto? Studiando la letteratura sul tema (se ne esiste una), ma soprattutto utilizzando una delle tecniche socio-antropologiche più conosciute: l’osservazione partecipante. Osservare non basta, bisogna vivere la situazione, far proprio – in qualche modo – l’oggetto di ricerca. In questo caso dunque è stato necessario guardare le partite in compagnia da casa e allo stadio, ma anche ascoltare la radio in compagnia e in solitaria.
Oltre a ciò, era necessario scendere in strada nelle periferie e nel centro storico di Napoli per vedere i preparativi della festa, per capire le simbologie e le tappe emotive attraverso la costruzione dei festoni e gli addobbi. E poi, al momento della fine della partita Udinese – Napoli del 04/05/2023, scendere nuovamente in strada per vivere a caldo la festa dello scudetto. In queste situazioni collettive le condivisioni emotive sono alle stelle e la partecipazione non è obbligata ma irrefrenabile. Come è possibile?
Qui si inserisce nel discorso il concetto di effervescenza collettiva di Émile Durkheim. L’autore parla specificamente di questo fenomeno in merito alla partecipazione ai rituali religiosi dove sussiste una relazione tra il corpo e l’emozione che si sta vivendo. Per Durkheim l’azione stessa della riunione dei corpi è «uno stimolante eccezionalmente potente» (2008) e le azioni e i gesti corporali comuni hanno il potere di suscitare emozioni appassionate e contagiose tra le persone. Così, l’adunanza e l’interazione sociale possono, al loro massimo livello, generare una sorta di elettricità che lancia le persone verso uno straordinario stato di esaltazione che viene utilizzato e reiterato attraverso i rituali della comunità di appartenenza.
In altri termini, secondo la sociologa Enrica Amaturo (2023, p.162), si tratta di un’energia collettiva che coinvolge anche gli insospettabili, in cui si mescolano euforia, senso di rivincita e di riscatto – che va oltre il calcio – per rivendicare la propria grandezza. Qui si inserisce anche una componente nuova: il bisogno di confermare il mito di una città sempre eccezionale, “un caso a parte”, nonché la narrazione di unicità che attrae ogni personalità che desidera contaminarsi non solo culturalmente ma anche emotivamente con essa.
Una componente onnipresente nelle manifestazioni sportive è la costruzione di slogan, striscioni, canzoni atte alla valorizzazione della propria squadra o a schernire quella avversaria e la rispettiva tifoseria. La goliardia (e spesso anche le ingiurie) viaggiano attraverso i canti e le parate, ma trovano nuova linfa vitale nei territori digitali dei social e delle piattaforme video on line in un processo di transmedia storytelling (Jenkins, 2014). Esattamente come con i pupazzi del ciuco, le magliette di Maradona e altri cimeli commemorativi, per l’identità del tifoso del calcio Napoli, le “costruzioni immateriali” come video e canzoni diventano parte della memoria collettiva. Ciò si unisce alla passione che le famiglie condividono di generazione in generazione travalica i luoghi. Capita molto spesso che famiglie napoletane trasferitesi al nord coltivino la passione per il calcio Napoli e la tramandino ai loro figli.
Un esempio tra i tanti cori e canzoni, è stato il recente utilizzo della canzone Malatì di Ciccio Merolla tra le classiche usate per il tifo. Il cantautore ha infatti pubblicato una versione video speciale della sua canzone proprio per supportare i tifosi e la squadra.
Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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