Rispetto all’indagine Prisma che vide coinvolti i bianconeri, non ci sono intercettazioni o carte di evidente natura confessoria con i valori dei giocatori modificati
Le carte che stanno emergendo nel processo della Procura di Roma a carico di Aurelio De Laurentiis non avranno effetti sulla giustizia sportiva. Il presidente del Napoli, ricordiamo, è stato rinviato a giudizio per falso in bilancio, in particolare per gli acquisti di Manolas e Osimhen, la cui contabilizzazione – secondo l’accusa – potrebbe essere servita a gonfiare le plusvalenze del Napoli tra il 2019 e il 2021. La Repubblica questa mattina ha pubblicato parte delle carte della Guardia di Finanza, in cui lo scenario dell’operazione Osimhen con il Lilla appare quantomeno opaca. C’è un sms in cui Giuseppe Pompilio, all’epoca vicedirettore sportivo, scrive al d.s. Cristiano Giuntoli: “Non devi scrivere nulla. Tracce nelle mail non se ne lasciano. A voce quello che ti pare”. C’è una mail del presidente del Lilla Lopez in cui si parla di “valore nominale” di un giocatore per “pagare un prezzo inferiore” e c’è una conversazione tra Giuntoli e Andrea Chiavelli, a.d. del Napoli, in cui si sottolinea che Ounas “ha un reale valore di mercato superiore a Leandrinho e Llorente…”.
differenze
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Per la Procura federale, che ha da tempo analizzato con la massima attenzione gli atti del processo, non ci sono le condizioni per un nuovo processo sportivo così come era accaduto, sempre nel caso plusvalenze, per la Juventus. Quali sono le differenze? In questi documenti – rispetto al famoso e ormai concluso processo Prisma bianconero – non ci sono intercettazioni o carte tipo la cosiddetta “Carta Paratici”, di evidente natura confessoria, con i valori modificati, taroccati, cancellati attribuiti a calciatori, in quel caso talvolta neppure indicati con i nominativi ma con una semplice “X”. Insomma, rispetto al primo processo sportivo – quello in cui sia la Juve sia il Napoli erano stati assolti in primo e secondo grado – contro i bianconeri c’erano nuove prove “schiaccianti”, tanto da permettere alla Procura Figc guidata da Giuseppe Chinè di procedere con l’istanza di revocazione per avere un secondo giudizio, ma per il Napoli non ci sarebbero prove sufficienti a superare quelle sentenze. Va ricordato che la giustizia sportiva – proprio durante i processi plusvalenze – ha chiarito che il valore attribuito a un giocatore è necessariamente relativo, quindi per dimostrare il dolo servono prove certe dell’intenzionalità si gonfiare i valori in bilancio. Per Chinè quelle raccolte nel processo De Laurentiis non lo sono.