Per la società l’allenatore è sulla buona strada nonostante i tanti pareggi, e l’empatia con lo spogliatoio è uno dei punti di forza. Ma gli investimenti fatti andranno valorizzati…
I conti non tornano, ma dentro ai conti c’è qualcosa di diverso. Igor Tudor come Thiago Motta è un’equazione che si fa avanti un po’ in giro, non nei corridoi della Continassa dove trovare le differenze tra le due gestioni non è solo unire i puntini per chiudere il cerchio: Igor Motta è una crasi che non funziona. Primo: il tecnico italo brasiliano perdeva il feeling con lo spogliatoio ad ogni ostacolo, l’allenatore di Spalato sa come tenere il gruppo sulla corda e, soprattutto, dalla sua parte. Secondo: la comunicazione, una stagione fa, o era sballata o inesistente, il modo di rapportarsi con il mondo esterno, oggi, è in sintonia con i tempi. Terzo: questione di Dna bianconero, da trasmettere per Igor, da comprendere per Thiago. Quarto: nella Juve a firma croata c’è un capitano, ci sono degli inamovibili, c’è la continua ricerca della felicità in un contesto di gioco definito, nella Juve di Motta il calcio relazionale aveva fatto saltare ogni possibile, concreta, via di uscita con ruoli fluidi e interpreti chiamati a vestirsi da jolly.
juve, tudor non è in discussione
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Tudor e Thiago: i numeri li avvicinano, le riflessioni della società no. E, così, la “pareggite”, ai piani alti bianconeri, ha un peso diverso: Igor non è in discussione, non avrebbe senso puntargli addosso l’indice, meglio far quadrato attorno al tecnico scelto non più come traghettatore, ma come guida per un’avventura intera. Il club non ha dubbi: la nuova Juve non ha ancora espresso il suo, reale, potenziale. All’appello mancano tasselli ingombranti: il pieno recupero di Bremer, la scommessa Koopmeiners da vincere o, quantomeno, da non perdere, la vivacità di Zhegrova sul modello di quanto visto a Lille, la duttilità del Cambiaso che aveva fatto perdere la testa al City di Guardiola solo lo scorso gennaio, la continuità fisica di Conceiçao, l’ultimo scatto verso la consacrazione di Yildiz, l’abilità sotto porta da rimettere al centro del ring da parte di David e, per certi versi, anche di Openda. E, Vlahovic? A Tudor è concessa carta bianca: gioca chi merita. Ma, d’ora in avanti, giocherà una formazione, il più possibile, base: i bianconeri hanno cambiato volto otto volte su otto in questi primi quaranta giorni di stagione e cambiare rotta ad ogni passaggio non fa altro che generare un po’ di confusione. Così, ad esempio, là davanti il post nazionale – il campionato della Juve ricomincerà da Como il 19 ottobre all’ora di pranzo – vedrà il canadese David sempre più al centro del progetto: non si tratta di una sentenza, ma di opportunità sia tecnica, sia legata all’investimento fatto in estate e, ora, da valorizzare.
l’empatia di tudor con lo spogliatoio
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Tudor come Thiago? Lo dicono i numeri – tre vittorie, tre pareggi in campionato per entrambi, meglio Thiago in Champions -, ma non il contesto: il club bianconero ne è convinto. Igor ha un dialogo aperto con la squadra, tutta: ogni sua scelta, sottolineano alla Continassa, è spiegata ed è spiegata giocando di anticipo. Tradotto: empatia senza alcun freno. E Tudor ha idee chiare, ma non immutabili: i primi accenni di un modulo diverso, seppur in corso d’opera, lo testimoniamo. Palla sul Lago di Como tra dieci giorni con la missione di spezzare la pericolosa “pareggite” costruita su cinque ics nelle ultime cinque uscite..
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