Napoli, Geolier: “In ansia per lo scudetto, scrivevo a Di Lorenzo. Ora sul palco con Lang”

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Il cantante è un super tifoso del Napoli: “Il titolo vinto lo avevo visto solo su Youtube. Adesso spero di festeggiare con il nuovo acquisto qualcosa di bello. Cosa? Non scelgo”

Antonio Giordano

Collaboratore

Canta Napoli: e mentre intorno, tra i sessantamila che “gonfiano” l’Ippodromo, l’entusiasmo ti proietta in quest’allegria di massa, Geolier sente scorrere il proprio tempo come in una favola da raccontare senza perdersi neanche un attimo del proprio vissuto. “A Napoli, a casa mia, tra i miei amici. Chiedetemi se sono felice”. È una (altra) notte speciale, e ad Agnano, “galoppando” con se stesso, Geolier ne incontrerà altri 56mila, li porterà con sé tra droni dominanti e poi gli volerà addosso, in un abbraccio simbolico, non prima d’aver ricordato che un giorno – il 26 giugno del 2026 – si rivedranno più in là, al “Maradona”, dove è fantastico sognare ad occhi aperti. Piccoli dati statistici di un rapper che è esploso in maniera dirompente: 116mila spettatori per i suoi due live all’Ippodoromo di Agnano, tra ieri e oggi. “Grazie a Dio la risposta della gente non manca mai. Gioco in casa, mi ritengo un ragazzo fortunato, al quale la vita è andata in soccorso presto. Però così, lo confesso, è ancora più bello”. 

È nel suo habitat naturale. 

«Rivendico l’appartenenza a Secondigliano e quindi a Napoli, al mio quartiere e alla mia città. Ad una terra che mi appartiene, della quale sono fiero e che cerco di rappresentare nel modo più adeguato”. 

Il suo anno memorabile è quella della maggiore età. 

“Ne avevo appena compiuti 18 e intuii che il destino stava cambiando. Potevo lasciare la fabbrica di lampadari dove lavoravo, provare a realizzare i miei sogni pubblicando i primi brani. Avevo cominciato da bambino però ho fatto in fretta ad avere successo. Mi è andata bene”. 

Giustamente, non dimentica mai di dire grazie ai genitori. 

“Mi hanno concesso la possibilità di essere me stesso, di credere nella musica, di tentare una strada difficilissima. Mi hanno non solo assecondato ma pure stimolato”. 

Il successo non l’ha cambiata? 

“Il rischio che ti cambi esiste davvero ma sei tu il padrone di te stesso e bisogna avere la capacità di scegliere se vuoi cambiare e in cosa. Io sciocchezze ne ho fatte ma sono quelle che appartengono all’adolescenza: restano lì, semmai le sfrutti per renderti conto che vanno evitate”. 

Sanremo 2024 che cosa la rievoca? 

“Polemiche pretestuose sulle quali non vale la pena tornare. Guardiamo avanti, per esempio alla Champions”. 

È qui (anche) per questo: lei si ciba di calcio.

“Sarebbe più giusto dire che vivo di Napoli. Guardo le altre partite, ci mancherebbe, le sfide più importanti, soprattutto a livello internazionale. Però non posso rinunciare al Napoli, impegni permettendo”. 

Nel “suo” primo scudetto, quello del 2023, non se ne è persa una. 

“Mi pare di no. Ero sempre al Maradona, perché io uno scudetto non lo avevo mai visto. Me ne aveva parlato mio fratello Antonio, che se li ricorda perché era ragazzino, ma a me era toccato cercarli su YouTube. Come Maradona: l’eroe che ho vissuto attraverso i racconti, i video, l’amore che si avverte parlandone con chiunque a Napoli”. 

Ha pure giocato un po’ al calcio, lei. 

“Un paio di anni, come fanno tutti, il tempo necessario per capire che quello non sarebbe stato il mio palcoscenico. Dovevo fare altro. Diciamo che non era per me, non mi offendo”. 

“Paolo Cannavaro, volevo essere come lui. Poi siamo entrati in sintonia, ma ormai era andato già via, e siamo diventati amici. Ci scriviamo spesso”.

Ha un debole per i capitani. 

“Con Di Lorenzo c’è un contatto frequente, è di un’umiltà imbarazzante. E dentro, ha la serenità del leader. Mi sono appoggiato a lui nelle notti terribili di maggio…”. 

“Quelle di avvicinamento alla gara decisiva con il Cagliari, la sfida-scudetto. Io avevo l’ansia che mi divorava e allora gli mandavo dei Whatsapp: capità, aiutami… E lui: stai tranquillo. Una freddezza che non mi apparteneva. Avevo paura che potesse sfuggirci, anche se poi razionalmente mi dicevo: ma come si fa a perderlo ora, in casa, dinnanzi a cinquantamila spettatori? Ma il calcio è imprevedibile”. 

Il caso vuole che il giorno in cui Noa Lang, attaccante ma anche rapper, ha messo piede a Napoli si sia imbattuto in Geolier. 

“Ero allo stadio per realizzare lo spot di un videogioco. Arrivano amici e mi dicono che c’è lui, mi pare per firmare il nuovo contratto. Le affinità le abbiamo trovate subito, lui come me è contagiato dalla musica, è molto bravo. C’è in entrambi il desiderio di sperimentare”. 

Magari finirete sul palco assieme. 

“Mi sembra complicato per lui, che durante la settimana avrà altri impegni e non troverebbe una data sul calendario tra campionato, Champions, Coppa Italia e Supercoppa. Io mi accontenterei anche di una esibizione, magari per festeggiare qualcosa”. 

“Non so accontentarmi e quindi non mi dichiaro. Io sono pazzo del Napoli, vorrei vincere sempre e tutto. Sono stato fortunato: gli anni più bui, quelli del fallimento, della serie C e anche della B non li ricordo, ero piccolissimo. Mi sono preso il meglio. Ma non sarò mai sazio, di questo ne sono certissimo. La Champions è proprio bella, eh…”.



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