Il dubbio dell’Inter dopo l’addio di Simone Inzaghi: novità o continuità?

allgossip9@gmail.com
5 Min Read

Forse è meglio incidere in modo più sensibile sulla rosa per voltare pagina e non perdere tempo nell’apertura di un nuovo ciclo

G.B. Olivero

La fine di un ciclo porta con sé le sensazioni del ritorno dalle vacanze estive. Ci si interroga sulla ripresa delle attività, si fanno progetti, si studiano cambiamenti, si combatte qualche normale preoccupazione. Nel calcio è più o meno la stessa cosa. L’Inter ha il vantaggio di non potersi perdere in troppi pensieri. Se anche avesse voluto superare in altro modo l’improvvisa separazione dal grande amore Simone Inzaghi, è stata costretta a ricorrere al più classico degli stratagemmi: il chiodo scaccia chiodo. Cristian Chivu è già operativo, il Mondiale per club ha azzerato il periodo-cuscinetto. 

strategia

—  

Ma se il nuovo tecnico è proiettato sul primo torneo, sul tavolo dei dirigenti c’è un tema delicato e decisivo: meglio cambiare più in profondità la rosa o garantire la continuità? Non c’è una ricetta vincente. Spesso a guidare questo tipo di strategie sono considerazioni economiche o anagrafiche. 

esempio

—  

Ai tempi di Lippi, la Juve cambiava almeno un paio di pezzi pregiati all’anno in modo che il ciclo restasse aperto ma potesse pure rigenerarsi di continuo. Le mura della casa rimanevano le stesse, ma la mobilia presentava sempre qualche bella novità. Marotta e Ausilio hanno finora seguito un piano diverso non toccando il gruppo-base, aggiungendo alcuni elementi preziosi e attribuendo un grande valore agli automatismi garantiti dall’approfondita conoscenza interpersonale oltre che all’esperienza. 

da finale a finale

—  

Da finale a finale Tra le formazioni titolari delle due finali di Champions, ci sono appena quattro differenze: il portiere (Sommer per Onana), un difensore (Pavard per Darmian, che però è ancora in rosa), un centrocampista (Mkhitaryan per Brozovic, ma l’armeno entrò nella ripresa a Istanbul), un attaccante (Thuram per Dzeko). Stesso modulo, stessi principi. Una chiara scelta di continuità, dettata dall’allenatore e condivisa dalla società, ben contenta di spendere poco e di affidarsi a un nucleo di campioni sempre più maturi. 

nuovo scenario?

—  

Adesso lo scenario potrebbe cambiare. E forse sarebbe meglio che accadesse. L’Inter non ha alcuna necessità di vendere e quindi può davvero decidere con serenità la strategia da seguire. Può essere utile l’analisi di quanto accaduto nella scorsa stagione, quando l’Inter era la più forte in Italia e tra le top in Europa: un valore dimostrato spesso, ma non nei momenti-chiave, al di là della casualità che spesso indirizza i risultati. Se per Marotta e Ausilio la rosa nerazzurra è ancora la più competitiva della Serie A (primo obiettivo del club, mentre nel 2024-25 la priorità fu data in modo fin troppo evidente alla Champions), potrebbero decidere di ringiovanirla un po’ e di allargarla nei ruoli scoperti rinviando però un cambiamento più profondo e strutturale. Sarebbe una soluzione conservativa: in fondo se lo scudetto è volato via per un punto e la Champions all’ultimo atto, si può ipotizzare di restare ai vertici sperando in un finale meno sfortunato. 

rischi

—  

In teoria sarebbe la strada meno azzardata, in realtà ci sarebbero più rischi di quanto si possa pensare. Il nuovo allenatore cercherà di introdurre qualcosa di nuovo, per quanto in modo poco invasivo. Qualche importante innesto nell’organico potrebbe stimolare la connessione tra Chivu e la squadra, indispensabile per evitare che l’Inter scenda in campo con il fantasma di Inzaghi nell’area tecnica. Anche per stare al passo con i top club stranieri, che dispongono di un potenziale economico ben diverso, l’immobilismo va evitato: stare fermi equivale a fare un passo indietro. E i tempestivi acquisti di Sucic e Luis Henrique trasmettono la sensazione che Marotta abbia colto l’importanza del momento. È meglio sostituire oggi che tra dodici mesi un Calhanoglu, un Acerbi e magari anche un altro titolarissimo. Meglio aggiungere adesso una punta potenzialmente titolare che scuota gerarchie e dinamiche interne rappresentando non solo un’alternativa. 

No alla calma piatta

—  

 Il rischio di perdere tempo nella costruzione di un nuovo ciclo è più alto rispetto a quello di perdere competitività in Serie A. Dopo le cocenti delusioni di maggio la squadra potrebbe reagire bene alla scarica di adrenalina generata da qualche cambiamento e da volti nuovi. La calma piatta, a volte, fa più danni della tempesta.



Share This Article
Leave a Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *