Inter, la Champions amara di San Siro: i tifosi lasciano lo stadio prima della fine

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La triste serata dei 55mila tifosi che hanno seguito la finale sul maxischermo installato nello stadio di casa

Gregorio Spigno

Giornalista

Ci sono momenti nella vita di cui ci si ricorderà per sempre. Ogni minimo dettaglio. L’attesa, l’abbigliamento, il solito percorso seguito per raggiungere lo stadio da casa, la birra al solito bar con gli amici. Magari pure di un paio di calzini fortunati indossati per le grandi occasioni. La speranza e soprattutto la delusione. Il sogno e l’incubo. I 55.000 interisti presenti ieri a San Siro per assistere alla finale di Champions sul maxischermo installato sul primo anello arancio del Meazza non dimenticheranno neppure il dettaglio apparentemente più insignificante, ma più di tutto avranno per sempre in mente la frustrazione provata dopo i colpi del Psg e quel senso di impotenza emerso minuto dopo minuto in maniera sempre più forte osservando la squadra crollare sul più bello. 

attesa

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San Siro adibito a festa accoglie i propri tifosi come se la partita contro il Psg si giocasse a Milano. Sostenitori nerazzurri che arrivano da ovunque: Palermo, Roma, Napoli. C’è pure chi per esserci si è fatto chilometri in aereo da Francoforte, Bruxelles o Lisbona, coerente con il coro simbolo: “Per tutti quei km che ho fatto per te…”. L’aria è elettrica, le persone fremono per entrare allo stadio e la sensazione porta davvero a pensare che Psg-Inter non si stia per giocare a Monaco di Baviera ma a San Siro. Per l’occasione il Meazza resta “mezzo” aperto, perché il maxischermo posto tra primo e secondo anello arancio occupa praticamente tutto il settore centrale. Gli interisti si piazzano sugli spalti come se di lì a poco scendessero in campo Lautaro e compagni, ma quello che sarebbe il manto erboso viene coperto da centinaia di “piastrelloni” e occupato da migliaia di tifosi. Le code per superare i tornelli sembrano più infinite del solito, ma è lì che si comprendono gli stati d’animo: qualcuno ha grande fiducia, qualcuno paura. Tutti hanno addosso almeno qualcosa di nerazzurro, la maggior parte la maglietta. Con una varietà incredibile: la più gettonata è la 10 di Lautaro, ma c’è chi ha rispolverato la 22 di Milito e chi invece preferisce la scelta bizzarra con la numero 55 di Nagatomo. 

dentro casa

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Una volta superati i controlli di sicurezza c’è spazio pure per la scaramanzia. Mentre l’attesa sale sempre più forte, un tifoso stappa una saliera gettandosi alle spalle del sale cercando un po’ di quella buona sorte che l’Inter non troverà. Centinaia di copie della Gazzetta fanno da cuscino ai sostenitori che si accomodano sul campo. Appena Donnarumma viene inquadrato partono bordate di fischi, quando sul maxischermo compare Lautaro gli interisti scaldano la voce. La stessa che viene rotta quando l’ex Hakimi sblocca e Doue raddoppia. Un sussulto generale arriva quando Thuram sfiora il gol: qualcuno si illude lanciando le braccia al cielo, tutti riprendono coraggio. Ma quando comincia la ripresa il morale è già sotto i tacchi. Il tris di Doue convince decine di persone a salutare lo stadio in anticipo, il poker di Kvara centinaia. San Siro si svuota rapidamente già mezz’ora prima della fine della partita. Tanti restano, molti piangono, tutti dicono addio alla Champions nel modo più amaro possibile con il passivo peggiore in finale nella storia della competizione. Al fischio finale parte il fuggi-fuggi generale che svuota completamente San Siro in pochi istanti. Poteva essere una serata di gioia assoluta, si è trasformata nella più profonda delusione immaginabile.



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