Al primo anno di Spalletti, il suo destino sembrava segnato dopo un pasticcio. Quest’anno è stato provvidenziale col Parma
Sono evaporate da poco le nuvole d’incenso per Gigio Donnarumma, che ha trascinato il Psg nella finale di Champions, dove aspetta l’Inter del celebrato Yann Sommer, e il turibolo è tornato in azione per le parate di Guglielmo Vicario che ha consentito al Tottenham di sollevare l’Europa League. Da queste nuvole d’incenso emerge la sagoma lunga e secca di Alex Meret che nessuno beatifica mai e tutti crocifiggono al primo errore. Quando, al primo anno di Spalletti, pasticciando con i piedi, favorì la clamorosa rimonta di Empoli, il suo destino sembrava segnato: sbolognato allo Spezia, la porta a Keylor Navas. Invece restò e vinse lo scudetto.
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Stasera può diventare il primo portiere titolare nella storia del Napoli a cucirsi due tricolori sul petto. Raffaele Fusco ci riuscì da riserva. Meret, mai sugli altari della curva, mai apprezzato fino in fondo, con un rinnovo in bilico, anche se il grande Dino Zoff ha detto la sua: “Va blindato”. Chiaro che Dinone si riconosce nel comportamento asciutto del ragazzo, rigoroso come la scriminatura dei suoi capelli, nelle emozioni carsiche che scorrono sotto il suo sguardo austero scolpito nello stesso legno friulano, nella silenziosa riservatezza agli antipodi con gli stereotipi del portiere guascone. Forse anche Alex da bambino parava le prugne che gli tirava la nonna, come Dino. Non fosse stato provvidenziale col Parma (come all’andata), oggi Napoli non potrebbe sognare il quarto scudetto. Diego non c’è più. Di questa squadra umanissima, senza mistica divina, il sottovalutato Alex è il volto più dignitoso e rappresentativo.