Inter, così Acerbi è diventato il simbolo dei tifosi

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Col Torino, appena entrato, il centrale azzurro è stato accolto dai cori dei sostenitori nerazzurri. Dopo il gol del 3-3 è ormai nel cuore di tutti

Dal nostro inviato Francesco Pietrella

Nella vita di Francesco Acerbi c’è stato un Don Haskins. Uno che a un certo punto l’ha spinto all’angolino di un corridoio e gli ha gridato a brutto muso più o meno queste parole: “Vuoi mollare? Te ne vuoi andare? Se molli adesso, mollerai ogni giorno finché vivrai”. E “Ace” ha tenuto botta: «Vedrai…». È la scena madre di “Glory Road”, un film che racconta la storia dei Texas Western Miners e di Haskins, il primo coach a vincere un campionato di basket NCAA negli anni Sessanta con un quintetto di soli giocatori neri. La scena del film tocca Bobby Joe Hill, il miglior giocatore messo alle strette dalla vita e spronato a dare di più. Acerbi è diventato il Bobby Joe dell’Inter.

scarpa bucata

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A Torino, sotto una pioggia battente, è entrato negli ultimi dieci minuti, s’è piazzato al centro e ha difeso il 2-0 con una scarpa bucata. Il motivo? Sana scaramanzia. Contro il Barcellona aveva segnato il 3-3 proprio in questo modo, con una scarpetta gialla malandata con un buco all’altezza dell’alluce destro. Il centralone dell’Inter, ormai simbolo dei tifosi, subito acclamato dallo spicchio nerazzurro dell’Olimpico Grande Torino, avrà pensato: “Oh, sia mai che infilo un altro gol decisivo all’ultimo”. Stavolta no. Ma il fortino andava difeso anche con una scarpa consumata da più di 600 gare. La prima a Pavia, in Serie C, stadio Fortunati, un quarto d’ora di botte contro San Marino.

riconciliazione

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L’ultima oggi, tra tuoni e fulmini, in uno scenario da “Viandante sul mare di nebbia”. Acerbi se ne sta calmo e tranquillo sulla rocca a gustarsi un paesaggio nebbioso. Nella sua vita ha affrontato e sconfitto due volte un tumore, ha superato la dipendenza dall’alcool, ha sprecato la chance della vita, quella col Milan – la squadra tifata da bambino – e si è riconciliato col padre solamente dopo la sua morte. Quando Francesco entra in campo guarda in alto e alza le braccia al cielo. Un gesto per un papà interista con cui ha fatto “pace” solo da un pugno di anni. Paolo Franchini, il suo psicologo, ha raccontato di averlo preso da parte e avergli detto “basta, ora devi risolvere il conflitto”. La ribellione che l’ha portato a isolarsi: “Era il suo tifoso numero uno, ma anche il suo ‘rompiscatole’ numero uno. Quando giocava, gli sottolineava sempre gli errori che faceva”. Acerbi è un leader. Inzaghi l’ha capito e ha spinto per portarlo all’Inter. È il calciatore con cui Simone ha condiviso più partite in tutto il suo percorso: 254. A San Siro, con una scarpa rotta, s’è spinto in area all’ultimo minuto di una ripresa ormai finita e ha siglato uno dei gol più importanti della storia dell’Inter. Merito di quella forza interiore accumulata in un mondo sommerso. Al novantesimo, sempre sotto la pioggia, ha preso da parte Darmian e gli ha detto “tu resta dietro, io vado”». Fino in finale. L’evoluzione di quel “vedrai”.



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